E dai! Sono troppo sensibili, e poi intellettualizzano troppo.

Tratto da: “ABC per l’APC”: lavori in corso nuova edizione riveduta ed allargata.

L’attenzione posta alla emotività dei bimbi APC è positiva!
Sta al centro di tante sue esperienze.

Quello della presunta immaturità emotiva è però uno dei cavalli di battaglia del negazionismo APC. Spesso, l’ipersensibilità e l’emotività del bambino vengono assunte quale criterio di una sua immaturità.
Così ci viene indicata una idea che predetermina al bimbo APC un carattere troppo infantile, un essere ancora bebè, un essere immaturo, magari capriccioso.

L’idea della bilancia, sembra reggere questo preconcetto: se c’è troppo di qua (intelletto), c’è troppo poco di là (emotività).

Eppure sono altre cose che si dicono e che si osservano, cose che vanno in direzioni opposte. Al “troppo sensibile”, “all’immaturo”, alla “grande teatralità” e “fragilità rispetto le frustrazioni”, fanno seguito il “senso della giustizia”, “l’empatia con i più deboli”, l’attenzione alle cause “planetarie”, la sensibilità, eccetera.

Allora gli APC sono immaturi, ma poi troppo maturi?

Come sappiamo, molte sono le ragioni, le condizioni, le spinte, che sollecitano oltremodo l’emotività dell’APC.
Con la definizione di “immaturità” si liquida troppo facilmente la sua realtà interiore.
Io non so se gli APC sono più fragili emotivamente degli altri; se sono più infiammabili, o se la loro emotività deve semplicemente sopportare un carico superiore agli altri, visto che deve costantemente vivere uno squilibrio tra competenze cognitive ed esperienza, tra curiosità e risposte, tra pulsione epistemofilica e controllo dell’azione.

Molte delle domande e della percezione APC hanno a che fare con un interesse di temi profondi: le origini, la vita e la morte, la giustizia, eccetera.

Se da un lato viene indicata una immaturità, dall’altro si denota una profonda maturità. Quindi, quale la bilancia tra l’espressione delle emozioni (spesso teatrali, incontrollate, rispetto alla frustrazione) e la percezione delle ingiustizie?
Da un lato troppo poco maturo, dall’altro troppo maturo?

Stiamo attenti a non utilizzare il metro intellettivo per misurare l’emotività.
Non giudichiamo il bimbo in base alla sua età mentale, ma in base alla sua età reale. Anche se il bimbo presenta ragionamenti profondi ed evoluti, la sua esperienza è quella della sua età reale. Non siamo davanti a dei piccoli adulti!

Vari bambini non ridono, anzi piangono, non capiscono e non sopportano di vedere il gatto Silvestro, Paperino o qualche altro personaggio, subire sistematicamente.
Due testimonianze opposte.

“Mio figlio si emoziona quando vede un cartone animato. Ciò che lo colpisce sul piano emotivo è che non riesce ad intellettualizzare. Un cartone animato lo trova indifeso, mentre su ciò che per lui è fonte di apprendimento sul piano intellettuale è più distaccato”.

“Mio figlio si emoziona con i documentari, piangeva nel vedere i bimbi del terzo mondo che devono camminare chilometri per andare a scuola o per prendere l’acqua”.

Quella dell’intellettualizzaione è un’altra ciofeca.
Gli APC, si dice, intellettualizzano troppo. Salvo che poi sono troppo fragili emotivamente.

Ci si può chiedere: come mai il primo bimbo non intellettualizza i cartoni mentre i documentari si. Invece il secondo sembra non intellettualizzare abbastanza i documentari.
In un caso è troppo sensibile (“piange addirittura”)
Potremmo capovolgere il dire, forse: non abbiamo eccessi di intellettualizzazione, piuttosto dei difetti, in uno o l’altro ambito.

L’intelligenza è concretamente ansiogena, quando il giovane bimbo accede a questioni esistenziali che non può assumere.
Si può certamente essere allarmati dalle eccessive preoccupazioni che concernono la vita:le paure che concernono le malattie (AIDS, vacca pazza …), il sopravvenire di catastrofi a livello planetario (guerre, meteoriti, inondazioni …), drammi familiari (morti, malattie, separazioni …);la nozione prematura della perennità della morte è molto inquietante all’età in cui il bimbo ne ha normalmente una nozione molto astratta, o ludica, come nei disegni animati o nei video.


Ciò che è sicuro un giovane APC non possiede ancora l’esperienza che permette di gestire queste preoccupazioni.

L’affermazione “è troppo sensibile” ha quindi sicuramente più di un fondamento, ma in assenza di una riposta teorica chiara mi attengo quindi alla praticità:
l’irrigidimento su quel “è troppo sensibile” è una trincea che ci salvaguardia dal pianto del bambino.
Ci salvaguardia dal cercare risposte al suo pianto.


Giovanni Galli, marzo 2019, in corso di stampa
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