“Il mio bambino è molto socievole, credo abbia trovato il suo equilibrio in classe mimetizzandosi. A proposito di un esercizio, mi diceva: “mamma non lo sapeva fare nessuno, perché avrei dovuto saperlo fare io?” Lui sembra non volerne sapere di altre attività”.
E. Levin (2010) ci rende attenti a ciò che chiama la “funzione dell’amico”.
La funzione dell’amico nell’infanzia svolge un ruolo fondamentale in tutte le acquisizioni infantili, soprattutto nell’esperienza del bambino e nella “plasticità simbolica”.
Costruire il pensiero con questo altro simile è essenziale.
L’idea è che questi bambini, durante la loro infanzia, debbano stabilire e vivere un legame sociale, molto più “produttivo” della generale esperienza degli altri. Ben intesi, la posta in gioco non è il plusdotato o la plusdotazione, ma il rapporto con gli altri, vale a dire ciò che accade “tra due” soggetti, e l’esperienza che lì si può vivere in relazione al desiderio e allo sviluppo infantile.
Nel mondo globale di oggi, sicuramente la scuola ha un ruolo centrale di strutturazione del legame sociale, ben al di là di un luogo di conoscenza e di apprendimento.
Molte persone sono portate a pensare che un ragazzo APC, essendo più intelligente, non avrà problemi nella vita.
Considerando la scuola, molti docenti credono che un ragazzo APC, essendo più intelligente, non presenterà difficoltà di sorta.
Quanto poco vere sono queste credenze.
Fra le varie problematiche connesse all’APC c’è quella che il bambino possa sviluppare un “falso sé”, una personalità “compiacente”. Tenderà a comportarsi come crede che gli altri si aspettino che lui si comporti, a discapito di quelle che sono le sue vere potenzialità ed inclinazioni.
Si parla anche di effetto Pigmalione negativo.
Il falso sé è un adattamento dell’identità profonda che si fonde nella massa. Un essere, o un divenire camaleonti, dove gli elementi inibitori del talento hanno il sopravvento, pur essendo magari mal vissuti.
In verità può essere considerato come una funzione di difesa, sulla base di identificazioni nel gruppo dei pari. In qualche maniera ciò tende a proteggere il vero sé, che si sente minacciato.
Così si costruisce una personalità conforme alle attese esterne, o ai modelli dominanti, mascherando la persona che si è veramente.
Il falso Sé si riferisce a quella parte del Sé che produce l’adattamento alle richieste dell’ambiente, in contrapposizione al vero Sé, la sede più intima e autentica degli affetti e dei bisogni.
Mentre al falso Sé si attribuisce una collocazione di superficie nella struttura della personalità, in relazione agli aspetti per così dire “visibili” di questa nel contesto interpersonale, il vero Sé ha una collocazione più profonda.
Lo sviluppo del bambino APC rischia di diventare una crescita sprovvista di specchi. Specchi dove confrontarsi, con gli altri, per scoprire e costruire la propria identità.
Ciò avviene perché questi ragazzi non trovano nei pari il pane per i loro denti.
Il falso sé può attivarsi dalla prima infanzia come reazione alle pressioni di conformità, oppure come tentativo di trovare degli specchi. Ma in questo caso saranno specchi deformanti, perché non adatti alle competenze del bimbo APC.
Un’altra idea sbagliata è quella che i ragazzi APC debbano adattarsi, come tutti.
In verità il rischio è quello dell’iper adattamento.
L’iper adattamento può diventare quindi un contraltare al forte isolamento che vivono i bimbi APC.
Cosa può succedere ad un bambino iper adattato?
Il bambino tende a mascherare e soffocare le sue vere attitudini e potenzialità per non sentirsi isolato o diverso, per il bisogno emotivo di sentirsi parte del gruppo, da cui si percepisce diverso ed emarginato.
Il bimbo cerca di non sentirsi solo, e per non sentirsi solo, fa le cose uguali agli altri ed esegue quanto gli viene richiesto conformandosi ai modelli richiesti. Appiattisce le sue spinte troppo individuali.
Produce risposte standard; a scuola, per un APC il rischio è quello di dover perseguire l’obbiettivo di diventare il “bravo allievo” che mai sbaglia, mai disturba, alza la mano solo in determinati momenti, non parla troppo, … ben compiacente quindi.
Rallenta il ritmo, alza la mano ma non si deprime se non viene interpellato, risponde alle domande senza farne troppe, è sempre performante senza creare disturbi …