Avete già visto il PEL, ovverosia il Passaporto Europeo delle Lingue?
Come lo dice il suo nome, é uno strumento di certificazione dell’apprendimento di una lingua straniera. In particolare del grado di padronanza raggiunto rispettivamente nella lettura, nella scrittura e nella conversazione.
Il PEL é pubblicato e pubblicizzato dalla CDPE, e con essa dal nostro DECS, sul suo sito internet.
Il PEL-II é previsto per i giovani dagli 11 ai 15 anni. Il PEL-III é previsto dai 15 anni in su. Il PEL-I, che riguarda l’età compresa tra i 7 e gli 11 anni, dovrebbe essere commercializzato ancora nel 2007.
Sistematicamente, nel PEL, vanno iscritte le esperienze linguistiche, che siano letture, conversazioni, redazioni, soggiorni linguistici, ascolto di conferenze, lezioni ecc …; e vanno inseriti certificati, diplomi, ecc … E’ una sorta di inventario dell’approccio alle lingue straniere.
Il PEL é strutturato come uno schedario differenziato. Si differenziano livelli successivi e gerarchici di vari “saper fare”.
Il PEL non é uno strumento del docente. Il PEL é uno strumento privato dell’allievo, che procede ad autovalutare i propri progressi. Non é fornito dalla scuola bensì acquistato dall’allievo che desidera documentare i suoi approcci alle lingue straniere.
E’ l’allievo che lo deve utilizzare, imparare ad utilizzarlo e aggiornarlo progressivamente. E’ l’allievo che vi iscrive metodologie, strategie personali di apprendimento e studio, come pure gli obiettivi per il futuro.
La sua funzione principale é la certificazione degli apprendimenti avuti e dei livelli di “saper fare” raggiunti per le lingue straniere. E’ uno strumento che si vuole del tutto preciso, circostanziato e trasparente delle competenze dell’allievo.
Secondo i promotori, che sia il Consiglio d’Europa o la CDPE, il PEL ricopre pure una funzione di promozione allo studio delle lingue, nonché di protezione del pluriliguismo.
Ecco, sin qui stringatamente cosa é il PEL.
Vale ancora la pena ricordare che:
– il suo utilizzo non é obbligatorio, ma sussidiario, eppure consigliato,
– il PEL é una concretizzazione delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa in materia di certificazione degli apprendimenti. Per questo ve ne sono una settantina di versioni (locali) in Europa. In Svizzera ne abbiamo 4, per le 4 regioni linguistiche. In Italia varie regioni propongono il loro passaporto. Tutti hanno però la stessa struttura e la medesima organizzazione.
Perché occuparci dei PEL?
Ma perché, in generale, come visto é una concretizzazione delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa (a questo proposito chi volesse approfondire di più le direttive europee può riferirsi all’”agenda di Lisbona” e alla “dichiarazione di Bologna”. Per quanto riguarda invece la formazione professionale può far riferimento al “processo di Copenaghen”).
Poi, in particolare, perché quale concretizzazione della certificazione degli apprendimenti prefigura la futura politica dei Portfolio prevista dal concordato Harmos.
Parlare oggi del PEL é un po’ come occuparci dei Portfolio domani. In verità hanno un rapporto di sinonimia.
Un elemento di grande peso dei PEL-Portfolio é l’esplicito riferimento agli apprendimenti che avvengono fuori dalle mura della scuola pubblica: una realtà che é incontestabile ed evidente ai più; un riferimento che afferma che gli apprendimenti avuti fuori dalla scuola sono fondamentali, per il futuro e la formazione dell’allievo.
Oggi, finalmente, si considera e si riconosce che le dinamiche di formazione hanno una realtà che va oltre i confini dell’obbligo.
Finita la giornata sui banchi di scuola, oltre gli orari e gli spazi scolastici, i giovani frequentano molteplici attività che sono formative, sia che queste siano ricreative, linguistiche, artistiche o sportive. Nel pomeriggio chiudono con la scuola obbligatoria, ma non chiudono con la formazione.
Il riconoscimento di questa nuova, allargata, realtà formativa ha portato quindi le autorità a una nuova dinamica e struttura della certificazione (nuovi strumenti di valutazione) che vuole/deve tener conto di quanto un allievo esperimenta oltre le scuole pubbliche.
Quindi, Consiglio d’Europa, CDPE, DECS, o qualsiasi altra istituzione che propugna i Portfolio riconoscono che:
1) gli apprendimenti sono qualcosa di complesso;
2) la scuola pubblica é parte di una struttura formativa ben più larga e ricca;
3) nella struttura formativa così applicata, molti apprendimenti avvengono fuori dalla scuola, ovverosia nel privato. Questi apprendimenti vengono chiamati genericamente informali.
4) affinché si abbia a correttamente valutare le competenze di un allievo, bisogna certificare gli apprendimenti in tutta la loro ricchezza (o povertà), quindi anche quelli che avvengono nel privato. Il PEL viene ad illustrare tutto ciò, almeno per le lingue straniere, in maniera del tutto circostanziata e trasparente.
In tale prospettiva, sottolineo in tale prospettiva, il libretto scolastico é quindi uno strumento del tutto superato, inutile quanto inefficace.
In verità il PEL è uno strumento che individua nuovi importanti luoghi della formazione e che mette in gioco le pari opportunità in educazione. Il PEL dimostra che la politica delle pari opportunità è sorpassata e surclassata dagli avvenimenti legati alla delocalizzazione dei processi di insegnamento-apprendimento.
Il PEL e la delocalizzazione dei luoghi di formazione.
PEL e Portfolio propugnano o sono testimoni della struttura classista e mercantile della scuola?
A) I PEL-Portfolio riconoscono l’importanza degli apprendimenti informali, quale parte degli apprendimenti da certificare. Tale certificazione é sintomo della avvenuta moltiplicazione delle offerte formative.
Il luogo dell’apprendimento é stato allontanato (o si ritrova, come per incanto, allontanato) dal suo tradizionale centro: la scuola pubblica. Non vi é più un Luogo solo dove si impara – nelle strutture pubbliche. Vi sono molti luoghi. Basta sfogliare le offerte di corsi teatrali, linguistici, artistici, sportivi, … per rendersene conto.
In verità, ciò é un po’ come scoprire l’acqua calda.
B) Il PEL é però la punta di volta della delocalizzazione del concetto democratico di scuola pubblica.
Perché?
Perché il PEL é concepito come uno strumento promotore. Uno stimolo a perseguire i propri sforzi con una lingua, una guida a perseverare, una procedura atta a identificare forze e debolezze del soggetto con una data lingua straniera …
Certamente, é uno strumento promotore, uno strumento del tutto singolare ed individuale, ma uno strumento privato! Il soggetto quale promotore di sè.
Questa de-localizzazione considera che per ottimizzare gli apprendimenti questi vanno ricercati nei vari luoghi ove avvengono. Quindi per esempio anche tramite soggiorni linguistici all’estero.
Il PEL é una vero e proprio cavallo di troia, é una vera e propria quinta colonna nei rapporti fra scuola pubblica e privata.
C) Secondo i principi sorvolati, se non c’é più un Luogo solo della formazione, ma molti luoghi, anche la responsabilità della certificazione va cambiata. Vediamo così pure la delocalizzazione del principio di responsabilità. Non é più lo Stato a dare i libretti e quindi a sancire un eventuale insuccesso scolastico. E’ l’allievo che si autovaluta. La responsabilità é tutta sua. Di lui e dei suoi genitori. E’ l’allievo che si autovaluta, che decide di frequentare un soggiorno linguistico all’estero piuttosto che comprare un nuovo PC. E così via.
E’ questa una vera e propria abdicazione delle responsabilità dello Stato. Lo Stato resta al meglio un fornitore di servizi.
Certificare l’informale = delocalizzare la certificazione = allontanare la responsabilità dello stato, perché sua non é la colpa delle scelte individuali.
D) Eppure qualche rigurgito etico pur rimane. Qualche richiamo alla responsabilità rimane.
Non per niente, il docente é chiamato a coadiuvare l’allievo nel suo apprendimento. Il docente deve seguire i percorsi individuali dei suoi allievi, guidandoli, consigliandoli, adattando magari il suo insegnamento, relativamente alle esperienze dei suoi allievi.
Insomma non sono più le esperienze informali ad essere sussidiarie o accessorie alla formazione dispensata dai servizi pubblici, ma sussidiario diventa l’insegnamento dispensato dall’apparato pubblico.
Il docente diventa poi pure un veicolo di un approccio imprenditoriale o auto-imprenditoriale della formazione attraverso la definizione di obiettivi personalizzati, per ogni allievo, e dipendenti dalla disponibilità culturali ed economiche delle famiglie di riferimento.
In verità il mercato propone il manuale PEL per il docente.
PEL, la cultura dell’educazione e l’autonomia
La struttura del PEL é analoga a uno schedario differenziato, per livelli di “saper fare”. La sua compilazione richiede un intervento attivo e attento, richiede “l’autovalutazione dell’allievo”.
La struttura del PEL richiama a delle competenze amministrative che hanno pure valenza cognitiva e metacognitiva.
Le competenze d’autovalutazione possono essere la base e il principio di un percorso d’apprendimento o devono essere un obiettivo di un percorso formativo?
La struttura del PEL richiama ad una pedagogia ridotta all’amministrazione e alla contabilità di alcuni determinati saper fare. L’allievo deve attenersi al modello proposto compilandolo secondo le direttive delineate.
Il concetto di autonomia e alquanto controverso.
Cosa é che definisce l’autonomia? Il saper fare secondo delle direttive, precise e codificate?
E questo, richiama all’autonomia dell’allievo, o a un funzionamento indipendente di un apparato?
Di una rotella che gira nel suo ingranaggio si può dire che é autonoma?
La necessità di rendere l’autonomia in termini operativi – di cosiddetti “saper fare” – arrischia di offendere le ragioni dell’autonomia. In verità la necessità di rendere l’autonomia in termini operativi ne delimita il raggio d’azione. L’autonomia é in stretta relazione con obiettivi e mezzi.
In questo senso, l’autonomia di un aeroplano viene determinata in ore di volo, al di fuori delle quali il volo precipita. L’autonomia di un automa é determinata dai programmi sopportati.
Secondo questo principio, l’autonomia é la misura della durata massima di un processo meccanizzato.
In verità altri concetti di autonomia percorrono le correnti pedagogiche e didattiche più generose e coraggiose. Fanno riferimento agli imprevisti e alla capacità di farvi fronte, fanno riferimento ai sistemi aperti …
Di un processo lungo, complesso e irto di ostacoli, i PEL fanno un pre requisito che solo pochi allievi sanno e possono manifestare. Non per niente chiedono ai docenti di guidare, di consigliare gli allievi nella stesura dei loro passaporti.
I PEL e le pari opportunità (égalité des chances)
Mettendoli tutti assieme, gli elementi considerati mostrano la natura classista, selettiva e competitiva dei PEL. Certamente … basta chiedersi chi può permettersi corsi di lingua, soggiorni linguistici all’estero, vacanze in paese esotici, acquisto di video, CD, CDROM, libri, dischi e letteratura in lingua straniera, per vederseli certificati nel passaporto.
L’informale costa. Il privato costa e non poco.
Eppure la certificazione degli apprendimenti informali un elemento positivo ce l’ha. Un elemento che se ben usato, ne capovolge la sua veste selettiva, classista e burocratica. Un elemento che se trasformato, diventa la base per un allargamento delle frontiere dell’educazione.
Un elemento che indica la strada per la concretizzazione chiara, trasparente e circostanziata delle rivendicazioni in educazione delle lingue.
Gli apprendimenti informali vengono riconosciuti per quello che sono e ciò che pesano nella formazione di ogni allievo?
Gli apprendimenti informali vedono riconosciuta la loro importanza, la loro forza, la loro funzione centrale per lo sviluppo cognitivo, sociale della gioventù?
Bene. Ciò é ottimo, salutare e se possibile da rafforzare e raffinare.
Altro che abolire le certificazioni, per combattere il classismo. Anzi le vogliamo efficaci. Le vogliamo trasparenti, affinché tutti possano riconoscere l’imbroglio. Altro che pari opportunità in educazione …
In verità le classi subalterne non avrebbero veramente nessun bisogno di vedere nuovi raffinati strumenti, o strumenti “maggiormente trasparenti”, per sapere che molti dei loro figli sono destinati all’insuccesso scolastico.
D’altro lato lo sviluppo di un sistema di certificazione degli apprendimenti che sappia e debba tener conto degli apprendimenti avvenuti nei contesti informali, vale a dire nel privato, fa pulizia, crea chiarezza. Stabilisce che si impara molto, se non di più fuori scuola.
Questo é il vero nodo. La scuola non é più il luogo della formazione, ma un luogo, fra altri. L’apprendimento non può più essere più definito solamente come ciò che viene fatto-appreso a scuola. L’apprendimento non é relegato o confinato nelle 4 mura scolastiche.
In verità, il PEL é uno strumento che mette in gioco totalmente il concetto delle égalité des chances, vale a dire delle pari opportunità in educazione, che era uno degli slogan madre degli anni 6o e 70 per democratizzare la scuola.
Da strumento che certifica gli apprendimenti di un allievo, apprendimenti avvenuti nella scuola e fuori scuola, quindi promotore di selezione e competizione sociale, il PEL é uno strumento che certifica l’assoluta ineguaglianza delle opportunità di apprendimento. Uno strumento trasparente dell’insufficienza dello stato nella formazione moderna.
Che lo Stato venga a ristabilire correttezza e democrazia riportando l’uguaglianza delle opportunità al centro del suo programma. Ecco quanto il PEL può consapevolmente mettere in gioco.
Questo articolo é stato pubblicato in Verifiche, periodico di cultura e politica dell’educazione, n° 5, novembre 2007, Mendrisio