Varie sono le ragioni e le pratiche didattiche che illustrano come mai un bimbo alla scuola dell’infanzia passa: o inosservato o additato come Asperger, autistico o ADHD. In verità, esperienza insegna, alla scuola dell’infanzia, la porta di accesso all’APC passa proprio da queste categorie!!!!
Il figlio non gioca con gli altri?
È vero, la mancanza di contatti con gli altri compagni può essere un segno di disagio. Cosa pensare?
Prima di tutto bisogna guardare se l’allievo lavora bene a scuola, se è un allievo serio e applicato. Ci sono bimbi che non lamentano questa mancanza di amicizia, il lavoro scolastico è affrontato in maniera positiva, non ci sono situazioni aggressive, insomma tutto va bene.
Per altri invece la necessità di uno scambio e di un contatto sociale è importante. Ciò che conta è il benessere del ragazzo.
Costringerlo a giocare con gli altri potrebbe mettergli una pressione inutile. Può essere piuttosto solitario, o interessato agli adulti, perché trova maggiori centri di interesse in contatto con loro. Non bisogna forzare un ragazzo a rinunciare alla sua personalità e alla sua ricerca.
Per un ragazzo APC il fatto di seguire i corsi in una classe con altri allievi già lo socializza, ciò già gli domanda un certo sforzo, anche se non lo dice e magari non lo mostra. Il fatto di stare con gli altri, in aula, vivendo degli spazi collettivi e dei ritmi di lavoro condivisi è una socializzazione.
Non gioca assieme? Quale la preoccupazione e il significato di questa osservazione?
I docenti hanno sovente un modello implicito di ragazzo e di socializzazione. Talvolta faticano ad accettare le differenze, e si inquietano perché non sanno come applicare il loro modello a tutti bambini. Anche loro devono essere rassicurati.
Certamente, il problema della socializzazione è importante. Ma non basta far parte di un gruppo di gioco, per dire che il ragazzo sia per questo socializzato.
Far parte di un gruppo, lo stare, l’essere nel gruppo, è una dinamica di specchi.