La nostra armonizzazione, i nostri standard

Per un Manifesto per la scuola pubblica e il diritto alla formazione

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0. Ogni scuola é l’espressione e il prolungamento di una formazione socio economica. Chiedere di cambiare la scuola significa quindi cambiare nel contempo la formazione socio-economica che la regge e la finanzia. Ogni scuola necessariamente assume un’organizzazione, propone dei contenuti e dei metodi che sono diretta espressione dei rapporti di forza fra le forze produttive della società civile. Riproduce la stratificazione sociale della popolazione, avendo come scopo la promozione della competizione e la divisione dei saperi. La scuola, che oggi regge la formazione della gioventù, è una scuola capitalista. I suoi obiettivi e metodi sono quelli propri al capitalismo: la crescita della produttività, l’ottimizzazione e la razionalizzazione delle risorse, la competizione, la formazione di una élite.
La sua struttura e organizzazione è pure propria al capitalismo: oltre la scuola dell’obbligo, tutta la formazione è iscritta in una logica di mercato, di difficile accesso per i più (sia che si tratti della formazione oggi definita “informale” o della formazione post-obbligatoria).

1. La nostra società, dominata dalle “forze di mercato”, ogni giorno fa scempio delle intelligenze dei giovani.
Una domanda cruciale, per una scuola veramente democratica, é la seguente: quali privazioni dei diritti democratici, dei diritti pedagogici di formazione, quali limitazioni di questi diritti, per chi e in quale luogo, la società é pronta ad accettare e tollerare? Per esempio tollera una formazione insufficiente per molti giovani usciti dalla scolarità obbligatoria (un 15% dei quindicenni, secondo le ricerche), come pure tollera l’analfabetismo di ritorno.

2. I cambi economici e sociali degli ultimi decenni non sono passati senza lasciare indenne la scuola. Le trasformazioni dei modi di produzione, con le innovazioni tecnologiche, la delocalizzazione, l’ottimizzazione e la razionalizzazione delle risorse si sono unite in matrimonio con le scelte politiche meno statiste.

Due grandi fasi hanno caratterizzato il sistema dell’educazione occidentale dal dopoguerra ad oggi: la massificazione e la mercificazione e dell’insegnamento.

2.B Da dopo la seconda guerra mondiale, fin verso gli anni 70, i paesi industrializzati hanno registrato una fase di quasi continua espansione economica.
L’economia così in crescita – avviata in processi industriali di produzione automatizzati – necessitava di maggior lavoratori qualificati, rispetto il precedente periodo prebellico. Questa necessità ha portato all’apertura dell’istruzione secondaria anche agli strati meno abbienti della società.
La massificazione permetteva quindi l’accesso ad un insegnamento più qualificato a persone provenienti da qualsiasi classe sociale: ciò non è però da interpretare come reale democratizzazione del sistema scolastico, infatti l’operaio qualificato occupa oggi la stessa posizione che occupava l’operaio non qualificato trent’anni fa.
La selezione, nei nostri giorni ancora molto forte, non è sparita nemmeno nel periodo di massificazione dell’insegnamento, perché dal momento in cui tutti possono accedere a studi secondari, la selezione sociale non avviene più all’uscita dalla scuola primaria, ma all’uscita di quella secondaria.

2.C Negli anni ’60 le lotte per il diritto alla formazione hanno così incontrato un terreno fertile. Se da un lato la sinistra sosteneva una maggiore giustizia sociale e la democratizzazione degli studi, dall’altro lato tutta la piramide sociale richiedeva un rafforzamento della sua base e della sua cima, ampliando e rafforzando i suoi nuovi gestori.

La sinistra ha perseguito in ogni paese la democratizzazione dell’istruzione. I movimenti studenteschi hanno invocato l’auto-gestione e o l’eliminazione delle note. Le note sono state considerate uno strumento per la selezione. L’obiettivo della soppressione della note (rimuovere il termometro) è stato solo occasionalmente accompagnato da delle pratiche d’insegnamento e d’apprendimento che tentavano di affrontare il fallimento scolastico (lotta contro la malattia).

La crisi economica che colpisce il continente nella metà degli anni Settanta oltre a portare una frenata alla crescita della spesa pubblica (crisi che segna la fine delle politiche keynesiane e l’avvio di quelle neo-liberiste), cambia radicalmente le condizioni che avevano precedentemente permesso il fenomeno della massificazione. Alla “stagnazione” e alla crisi economiche, hanno corrisposto una “stagnazione” e una crisi nella democratizzazione degli studi.

2.D Quello che stiamo vivendo oggi è invece una fase di mercificazione dello studio, iniziata verso la fine degli anni ottanta, un momento di sostanziali riforme del sistema scolastico europeo. In particolar modo, la forte autonomia data ai vari istituti porta ad un’iniqua competizione fra scuole.
Questa competizione è data dalla “libertà di movimento” che è stata concessa alle singole sedi scolastiche, la quale ha generato un altro importante fenomeno, che è quello dei partenariati con il mondo dell’impresa. Sono molte le scuole, principalmente a livello universitario, che in maniera più o meno esplicita stipulano degli accordi con imprese che con l’educazione non hanno nulla a che vedere. I vantaggi che una scuola può trarre da questi partenariati sono ovviamente i soldi che le imprese versano nelle loro casse, e gli strumenti che offrono gratuitamente o a cifre ridotte, permettendo così di rendere la scuola più attrattiva. Tutto ciò porta più ragazze e ragazzi (ormai meri clienti sul mercato) ad iscriversi in un istituto piuttosto che in un altro. D’altro canto anche l’impresa ha ovviamente un importante ritorno da queste collaborazioni: l’insegnamento viene per buona parte guidato dalle esigenze del capitalismo, formando così più lavoratori utili alle imprese attive in quei settori che oggi spingono e guidano l’economia.

2.E In verità, una profonda contraddizione determina l’odierna organizzazione scolastica ed i singoli percorsi formativi dei giovani.
In primo luogo, il sistema scolastico, che si vuole e si dice democratico, il sistema che dichiara e dice di perseguire le pari opportunità, funziona ugualmente e specialmente sui modi e sui ritmi del capitalismo (competitività, individualismo, “meritocrazia”), sulle disuguaglianze in genere.
Se la formazione è, e deve ben essere, qualcosa di più che un bene strumentale che prepara alla futura posizione sociale, la formazione resta sempre e comunque uno dei vettori della selezione e della classificazione sociale.
La formazione dei giovani alla vita, la formazione intellettuale, civica, sociale, alla partecipazione sociale e attiva nella società, la comprensione delle dinamiche sociali, la formazione culturale, e così via, sono altrettanti appelli che devono navigare più o meno agevolmente e sopravvivere in un contesto selettivo e classificatorio. La scuola dell’obbligo non è esente da tutto ciò, anzi appare sempre più l’anticamera di questa selezione e della pre-determinazione sociale.

In secondo luogo, oggi, l’elemento prevalentemente “quantitativo” della formazione – “tutti laureati” – non corrisponde veramente ad una corrispettiva evoluzione economica e del mercato del lavoro.
Se è vero che il tasso di disoccupazione giovanile è maggiore fra i poco istruiti, l’apertura del sistema formativo e la massificazione della formazione – l’aumento dei laureti, in genere – oggi appaiono più come un fattore di pace sociale, che non una reale offerta emancipatoria.
In verità la mobilità sociale dipende molto più dalla trasformazione della struttura economica e sociale (con la creazione di nuove tipologie di lavoro … ) che non dagli studi effettuati.
La “meritocrazia” (nient’altro che una forma di cottimo, applicato ad individui, soggetti, ragazzi, bambini, allievi, differenti fra loro) in verità, con il “merito”, maschera quanto invece è riproduzione sociale.
Oggi la scuola secondaria e superiore ci mostrano infine due dinamiche, ancora in sviluppo e forse non ancora pienamente e completamente realizzate:
– la prima, di natura “inflazionistica” con l’aumento quantitativo dei diplomi, porta ad una squalifica di quest’ultimi, che non vengono (più) visti quali specifici strumenti di mobilità sociale. È la legge della domanda dell’offerta che determina il valore del diploma …;
– l’aziendalizzazione delle scuole secondarie superiori, è il processo detto di Bologna.

3. La formazione superiore è oggi sempre più ancorata a processi d’aziendalizzazione. Un processo, detto di Bologna, porta le scuole universitarie ad organizzare corsi secondo le sponsorizzazioni private, la ricerca pure é sempre più finanziata dal privato.
Nel discorso dominante, Bologna appare dapprima come una garanzia di qualità ed efficienza a disposizione degli studenti: in uno spazio europeo dell’istruzione superiore, gli studenti troveranno più facilmente l’Università o la «Alta Scuola» che fornirà una formazione che corrisponde esattamente alle loro aspettative o alle loro esigenze. Quest’argomento si basa sul dogma piuttosto fragile che, grazie al miracolo del mercato, la qualità del servizio potrà solo migliorare. L’obiettivo principale del processo di Bologna è quello di aumentare la concorrenza tra le istituzioni europee e la loro competitività nel mercato globale per i servizi educativi. Si entra così in una logica in cui le università non sono più considerate come servizi pubblici, finanziate e, talvolta, organizzate dallo Stato, ma come servizi mercantili. Quanto agli studenti, sono degradati al rango di clienti, costantemente alla ricerca di «fornitori di servizi», offerenti il miglior rapporto qualità/prezzo, e che meglio si adatta alle loro aspettative e/o al loro portafoglio. I ministri dell’UE affermano regolarmente che l’istruzione superiore resterà un «bene pubblico» e una «responsabilità pubblica». Tuttavia, anche le università, pubbliche o sovvenzionate, entrano gradualmente nella logica mercantile. Dal momento che il finanziamento è proporzionale al numero di studenti che attraggono, sono già, di fatto, in un funzionamento di «quasi-mercato». Alcuni corsi vengono pure soppressi in nome della redditività. La mancanza di fondi non fa che accentuare questa tendenza. Le istituzioni scolastiche sono portate a reclamare tasse d’iscrizione sempre più alte, rendendo così ancora meno attraenti i corsi che non offrono opportunità gloriose sul mercato del lavoro. Le università sono poi sempre di più alla ricerca e alla mercè di sponsor privati, che controlleranno ulteriori attività di ricerca e le priorità dell’istruzione.

4. La scuola-azienda sembra essere oggi uno dei nuovi obiettivi dei nuovi riformatori scolastici. Questo modo nuovo di governare la scuola non si è ancora completamente e chiaramente sviluppato, tanto meno è chiaramente e completata la nostra identificazione di questo sviluppo attuale.
In questo poliedrico movimento l’ideologia mercantile vuole organizzare le scuole come se fossero delle aziende. Sottomettere le scuole alla competizione, sviluppare metodi e strumenti standard per tutti, sviluppare e spingere quanto più metodologie didattiche individualistiche, sostenere la formazione nei contesti extrascolastici (pure tramite la loro certificazione). Aumenta gli oneri dei docenti, si fonda sulla selezione sociale mascherata dalla meritocrazia. La nostra in verità è sempre una scuola classista: classista nella struttura, nei contenuti e nei metodi.

5. Comprendere la natura dei processi come quello di Bologna o, da noi in Svizzera come HarmoS, non è di facile natura, perché se abbiamo a che fare con delle tendenze “dominanti”, “egemoni”, ma pure contradditore, queste sono ancora in sviluppo o in fase di progettazione. Così nuove parole d’ordine, quali la certificazione dell’informale, gli standard di formazione, l’autonomia, l’apprendimento differenziato … concetti che non sono privi di un certo fascino seduttivo, diventano le vere e proprie forze di penetrazione dell’aziendalizzazione della scuola. Tramite questa terminologia, abusata e passe partout, si crea un’impalcatura ideologica che organizza gli spazi formativi odierni: spazi che con parole quali “autonomia” prevedono la concorrenza e tollerano investimenti disuguali.

La distribuzione delle risorse finanziarie segue a ruota la distribuzione delle possibilità d’accesso ad una scuola. Giovani di ceto sociale alto dispongono di maggiore liquidità come pure un accesso più diretto alle scuole medio superiori. In verità c’é una relazione inversa tra risorse e gerarchia scolastica. Maggiori sono i bisogni e le necessità sociali e minori sono le risorse investite.

6. Oggi, i bambini non sono uguali di fronte alla scuola.
Per il suo funzionamento, per le sue strutture, per i suoi metodi, per i suoi contenuti, l’educazione odierna riproduce le disuguaglianze d’origine sociale;
per il funzionamento precocemente e falsamente “meritocratico”.
Per le sue strutture che prevedono corsi a livello nella scuola dell’obbligo, percorsi e differenziazioni curricolari, certificazioni dell’informale e valorizzazione degli apprendimenti sviluppati nel privato.
Per i metodi, determinati al preciso e puntuale monitoraggio, vieppiù competitivi, delle competenze, servili più alla selezione che non al rilancio d’attività correlate; che sovente prolungano le attività scolastiche a casa, con compiti serali, fine settimanali o nelle vacanze, senza considerare la reale capacità gestionale dei compiti da parte delle famiglie.

Per i contenuti fortemente politicizzati (checché se ne dica il contrario), che solo raramente e magari incidentalmente toccano questioni come il lavoro, la giustizia, il diritto alla salute, le questioni energetiche, l’inquinamento.

L’educazione odierna trasforma le disuguaglianze d’origine sociale in disuguaglianze dei risultati e in disuguaglianza d’orientamento scolastico.

6.B Oggi, ancor più, gli allievi non sono uguali nel diritto alla formazione. Che ciò avvenga nel periodo dell’obbligo oppure dopo.
Attorno alle strutture pubbliche pullulano offerte private. La certificazione dell’informale è diventata il nuovo cavallo di Troia contro l’uguaglianza per tutti. Se la scuola dell’obbligo prevede una struttura e una base comune per tutti, la certificazione dell’informale diventa il vero valore pedagogico aggiunto, strumento di classe, di selezione dei meglio abbienti, che possono permettersi corsi aggiuntivi informali e privati.
Come si realizza la certificazione dell’informale? Ma nient’altro che tramite l’annotazione di apprendimenti e corsi acquisiti ed effettuati al di fuori delle strutture obbligatorie. Annotazione in un libretto scolastico (chiamato Portfolio o PEL, per le lingue) adibito a tale scopo.
Questa certificazione dell’informale è di fatto una delocalizzazione della scuola, dei compiti e delle responsabilità dello Stato

6.C Neppure gli studenti sono uguali di fronte alla scuola. Usciti dall’obbligo, le “regole del gioco” del mercato non prevedono più una formazione per tutti. Insomma, per la struttura capitalistica odierna, per l’ottimizzazione e la razionalizzazione delle risorse, per l’odierno stato borghese, l’ottocentesco obbligo sino ai 15 anni sembra essere sufficiente e bastare, quale base di formazione comune per tutti.
Tanto, poi, usciti dall’obbligo l’organizzazione odierna della formazione lascerà nelle mani delle famiglie più abbienti la prosecuzione della formazione dei loro figli: nelle scuole secondarie e superiori.

7. In questa concorrenza fra pubblico e privato, fra certificazione formale ed informale, i mezzi finanziari a disposizione del pubblico sono diminuiti (il fondo del secchio è raschiato). Regolarmente, iniziative quali il finanziamento delle scuole private, il ticket scolastico, o il diritto di scelta dell’istituto, vengono ad indicare i mai morti e sepolti interessi di classe, ma delle classi borghesi di ceto medio alto:
ristabilire il vecchio desiderio di una scuola per pochi.
A sostegno di questo “diritto” richiamano argomenti falsi e segregazionisti: la massificazione della scuola ha diminuito le sue esigenze ed il suo livello è stato intaccato dalla troppo grande presenza di stranieri.
In verità tutte le ricerche indicano come il livello, dagli anni 60, non ha fatto che aumentare.

7.B La flessibilizzazione dei tempi di lavoro, l’ottimizzazione e la razionalizzazione pongono alle famiglie problemi d’accudimento dei figli negli orari extrascolastici. Sovente vediamo bambini a casa, soli, se non in strada, senza nessuna custodia, sino al ritorno serale dei loro genitori. (Il disfacimento del modello di famiglia tradizionale viene poi ancor più a complicare le cose).
L’occupazione del tempo libero distingue così due categorie d’utenza.
La prima, che può sobbarcarsi i costi dei corsi privati, il trasporto dei figli e così via, fa capo a strutture formative alternative ed aggiuntive alla scuola, come già visto, quali i corsi di lingue teatro, musica, eccetera.
Le seconde, che non possono finanziare i corsi extra per i loro figli, si vedono offerte strutture di “accoglienza e socializzazione” nel tempo libero, strutture che sappiano accogliere e gestire le frustrazioni di queste categorie di giovani.

Da un lato abbiamo ragazzi che si vedono ottimizzato il tempo libero, tramite le certificazioni dell’informale. Dall’altra giovani che, per impedire che le loro frustrazioni ed insuccessi vengano a crescere e a scaricarsi nelle strade o nelle bande giovanili, vanno sollecitati a frequentare i centri di accoglienza e prevenzione sociale. Una profonda cesura classista viene a marcare subito dalla prima adolescenza i destini scolastici e professionali dei giovani.

8. La scuola attualmente non forma giovani “completi”. Già fuori dalla scuola primaria, molti di loro non hanno le competenze di base e conoscenze generali necessarie. In Svizzera si considera mediamente un 15% di giovani con competenze insufficienti in lettura e scrittura all’uscita dell’obbligo.
Successivamente, alcuni vengono specializzati così presto in un registro commerciale o in una formazione tecnica, che spesso non padroneggiano la ricchezza della loro lingua, né la storia della società umana, né posseggono in maniera sufficiente una cultura scientifica.
Altri seguono una formazione generale che taglia loro ogni contatto con il mondo del lavoro reale. In breve, sembra che la scuola sia più interessata alla formazione di lavoratori produttivi, che all’educazione di tutti.

8.B La scuola insegna abbastanza poco al giovane per permettergli di capire la società. Non offre loro un bagaglio di conoscenze e competenze che permettano loro di capire e di criticare ciò che è sbagliato e di scoprire le cause dei meccanismi produttivi: la disuguaglianza Nord Sud, la disoccupazione, i pericoli della dominazione del mercato, l’assurdità della sovrapproduzione, quando centinaia di milioni di bambini soffrono di malnutrizione, lo sfruttamento, le regole del mercato e del lavoro, l’alienazione o l’inquinamento, eccetera.
Invece, si aiuta la scuola a inculcare il rispetto per il sistema apparentemente democratico.

9. La scuola moderna é vieppiù spinta verso un approccio delle differenze che le gestisce in maniera individualistica.
Con quest’approccio ci si riferisce a due processi differenti:
– il riconoscimento delle differenze singole ed individuali degli allievi, più o meno bravi, più o meno performanti, veloci, autonomi, eccetera. Il riconoscimento di allievi più o meno bravi nelle classi é sempre stato al centro delle pratiche di valutazione delle competenze (note, libretti scolastici, test, esami) e questo serve alla riproduzione delle elite …;
– il riconoscimento (più apparente che reale) delle differenze etniche, geografiche e quindi culturali “collettive” di gruppi di allievi.
Nella considerazione delle variabili collettive, l’origine socio culturale (l’appartenenza di classe) non è però una variabile concretamente considerata. La scuola rimuove tutte le questioni di classe … la didattica tratta magari di piatti esotici, non tratta certo di lavoro e di sfruttamento. La considerazione culturale o etnica di un allievo viene ricondotta sotto il solo punto di vista delle variazioni individuali.
La presenza di stranieri ed alloglotti non rappresenta in verità una ricchezza per la classe; é solo un onere in più per i docenti che spesso si ritrovano soli a gestire i nuovi arrivi, in classi vieppiù complesse dal punto di vista delle competenze e delle culture degli allievi.

9.B La scuola che persegue “le pari opportunità” oggi é pure la scuola che “ottimizza” le differenze.
Al suo esterno le ottimizza nel riconoscimento degli apprendimenti informali. Nel suo interno le ottimizza nella realizzazione interna di pedagogie differenziate.
In una società iper competitiva e individualista, gerarchica e classista, come la nostra, sostenere queste differenze individuali appare come un processo democratico, egualitario. Così appare del tutto naturale che chi più ha più possa ricevere … al diritto ereditario, al diritto aristocratico di sangue, segue il “merito” del censo.

9.C Assieme all’approccio alle differenze appare una visione benpensante, molto borghese, dell’educazione e dei rapporti sociali.
Il nuovo “paradigma pedagogico politico” che i neoriformatori propongono oggi al pubblico richiama i più alti valori e diritti umani. Così da buoni borghesi considerano che le logiche di adattamento sociale e culturale al quale sono chiamati alcune categorie di cittadini, cittadini poveri, stranieri, e così via, siano in verità delle logiche di dominazione, e per questo da estirpare. Logiche, insomma, che obbligano questi stessi poveri cittadini ad abbandonare la loro identità. Una violenza insomma, alla quale non devono più essere sottoposti. Ad uno straniero non si chiederà unilateralmente di integrarsi. Uno sforzo va fatto pure dalla società d’accoglienza … E’ questo uno dei terreni di scontro prediletti delle destre nazionaliste … In verità, dietro il richiamo alle identità etniche vi é sempre una concezione egemonica, centrica della cultura, che con il rispetto dei gruppi migranti, in verità non fa altro che rivendicare la propria posizione gerarchica, rispetto la conservazione delle loro esotiche subculture.

9.D Metodologie didattiche individualizzate, o della differenziazione, pur spinte all’origine da un approccio generoso e democratico, vengono così a sposarsi con l’ideologia mercantile dell’ottimizzazione e della razionalizzazione delle risorse.

E’ alto il rischio che tramite queste metodologie, silenziosamente, magari implicitamente, vengano a proporsi l’abbandono di obiettivi formativi uguali per tutti, sostituendoli con astratte, a storiche, abbaglianti e classiste formule del tipo “rispettare il ritmo individuale di ogni allievo”.
Il “rispetto del ritmo autonomo dell’allievo”, in verità, diventa una logica concreta d’esclusione, mascherata da una astratta “integrazione” di tutte le ineguaglianze.

10. La gestione del disagio e dell’insuccesso scolastico può apparire come un vero e proprio indicatore della democrazia scolastica.
A livello di scuola primaria, delle politiche cantonali contraddittorie frammentano il panorama della formazione svizzera. Alcuni Cantoni perseguono l’integrazione di tutti gli studenti, altri preferiscono la segregazione. Infine, con forza, oggi sono offerte classi separate per solo stranieri, o per i casi detti “difficili”, o delle classi speciali. La segregazione scolastica ha per effetto primario l’etnicizzazione del disagio scolastico e la sua sovradeterminazione sociale.

11. La crisi economica che colpisce l’occidente nella metà degli anni 70, porta a una frenata della spesa pubblica e cambiò radicalmente le condizioni che avevano permesso il fenomeno della massificazione degli studi. Dopo i cambi degli anni 60 l’intervento dello stato si attua a costi zero o meno che zero.
Oggi, dal punto di vista economico l’offensiva capitalista ha portato a delle politiche statali di de-fiscalizzazione, che hanno contribuito in larga misura all’erosione delle risorse finanziarie dello Stato; politiche che hanno portato a costanti tagli nelle spese per la scuola, come pure a una riduzione qualitativa dei compiti dello Stato, sopprimendo o ridimensionando servizi già esistenti.
Dall’altra vediamo la riduzione del potere d’acquisto dei ceti medio bassi, e per quanto concerne i docenti, la riduzione dei salari e aumento degli oneri finanziari sociali (pensioni, contributi di solidarietà, …)

11.B Da un punto di vista sociologico abbiamo visto la modifica delle caratteristiche personali e biografiche della popolazione scolastica, determinata dalla presenza accresciuta di stranieri ed alloglotti, determinata dalla modifica della struttura famigliare, determinata dall’insorgere e l’aumento di casi sociali e comportamentali. Ciò ha comportato per i docenti degli oneri professionali pedagogici quotidiani dei docenti accresciuti. E ciò nella pratica didattica quotidiana, come pure nella formazione ed aggiornamento professionali. A queste aumentate necessità ed oneri lo Stato non ha risposto. Nell’obbligo, tutto é rimasto per lo più solo sulle spalle dei docenti, che non si vedono assicurati né degli sgravi orari per aggiornamenti, né partecipazioni finanziarie alle spese di aggiornamento.

12. Il “merito” è adottato per giustificare la stratificazione sociale e le ineguaglianze sociali. Conveniamo che “le pari opportunità” non sono che una parziale componente della giustizia sociale. La giustizia non consiste solamente nell’assicurare a tutti l’accesso a differenti destini socio professionali. Si tratta piuttosto di limitare l’ineguaglianza di tali destini.
E’ assolutamente menzognero ed ipocrita decretare la rivalorizzazione dei mestieri manuali e dall’altra difendere ed inneggiare alle politiche della flessibilizzazione, ottimizzazione e delocalizzazione, abbassare i costi salariali e magari ridurre pure i costi di formazione dei giovani.

13. Noi rifiutiamo la discriminazione, la selezione etnica o sociale. Ma anche tutte le concessioni sul livello e sulla qualità di insegnamento.
Vogliamo divulgare e diffondere, senza a priori tutte le pratiche che promuovono l’insegnamento ad alto livello di rendimento scolastico dei bambini di origine popolare. Certo ci sono anche delle “mazze” a scuola, come pure ragazzi stranieri o di ceto popolare basso che raggiungono gli studi superiori, trovando posti di lavoro prestigiosi. Ma non si tratta di considerare singoli percorsi individuali, quanto le dinamiche sociali e di massa.
Anche la cuoca deve poter discutere di Platone.

14. Così molti sono i cambiamenti sociali, culturali ed economici, avvenuti in questi ultimi decenni.
Che siano sul piano economico quali:

  • l’avvento dell’informatizzazione e della economia virtuale,
  • la costante presenza di un tasso (variabile) di disoccupazione,
  • la disponibilità di mano d’opera non formata, senza diritti, massa di immigrati,
  • l’avvio dei processi di ottimizzazione, di razionalizzazione e di delocalizzazione;

che siano sul piano della diffusione del sapere quali:

  • la larga diffusione di corsi (lingua, informatica) nel tempo libero (serale, fine settimanale, estivo),
  • la larga diffusione di un mercato del tempo libero,
  • l’aumento dei media e l’informatizzazione di massa;
  • l’allargamento della diffusione del sapere,

che siano sul piano sociologico quali:

  • la modifica parziale della selezione, la sua parziale etnicizzazione,
  • la disintegrazione del modello famigliare tradizionale, allargato e ristretto;

che siano sul piano strutturale quali:

  • il processo di Bologna,
  • HarmoS,
  • lo sviluppo dei centri giovanili, di strutture sociali d’accoglienza, scuole ad orario continuo, centri socio pedagogici, dopo scuola sociale;

che siano sul piano pedagogico quali:

  • il ritorno alle pedagogie individualiste,
  • la celebrazione dell’individuo (differenziazione, autonomia, competenze, pedagogia dell’accesso) e del merito e più in generale ritorno di una pedagogia che non tiene conto delle determinazioni sociali e culturali.
  • la rimozione parziale o totale delle pedagogie cooperative.

In particolare oggi il ritorno in forza dell’ideologia elitaria della formazione (il livello si abbassa), il ritorno di tentativi di selezione diretta (con le note, gli esami, I livelli, eccetera) e finanziaria (tasse di iscrizione, accesso all’informale, costi degli alloggi, eccetera …), non é altro che un tentativo di riportare con forza e determinazione gli antichi privilegi.

Per una scuola realmente democratica e per il diritto alla formazione

La nostra armonizzazione, i nostri standard.

Manifesto per la scuola pubblica e il diritto alla formazione.

I seguenti firmatari del manifesto, singoli cittadini, organizzazioni, sindacati, partiti, od ONG,

s’impegnano fermamente a sostenere la promozione dell’istruzione e della formazione in quanto contribuiscono alla prosperità umana. Oggi l’attenzione delle forze produttive sulla formazione é sempre più focalizzata in unico punto di vista professionale economico.

Tutti i giovani dovrebbero godere di una formazione ampia e solida sia teorica che pratica, con un approccio quanto più possibile completo nel campo delle scienze, tecnologia, filosofia, storia, relazioni economiche e sociali, culture. Non dovrebbe comportare delle specializzazioni precoci o eccessive, che potrebbero interferire con quest’obiettivo cruciale.

Noi diamo particolare attenzione alle competenze che aiutano a sviluppare auto-riflessione e l’intelligenza critica, la conoscenza dei fatti e dei meccanismi dell’ingiustizia, della povertà, dell’inquinamento, dello sfruttamento, sia nei meccanismi specifici della nostra realtà locale che nel resto della comprensione del mondo. Essa deve inoltre fornire tutti i giovani delle competenze che possono permettere loro di effettivamente partecipare alla vita sociale o politica, lingue, arte, media, ecc.
Si tratta di sapere quali sono gli scopi che vogliamo dare all’istruzione odierna. L’istruzione pubblica ed obbligatoria deve essere un servizio, non una macchina fornitrice d’elite in mani semiprivate.

Noi, non neghiamo l’importanza di fornire lavoratori meglio competenti nelle loro professioni, attraverso scuole di formazione professionale, Supsi, università e politecnici.
Per noi la formazione, si associa all’istruzione più ampia possibile, attraverso le scuole primarie e secondarie, ma anche nelle scuole professionali e attraverso le scuole per adulti, al fine di garantire a tutti e a ciascuno una formazione di base generale, non solo d’utilità, che consente una migliore qualità della vita.
Scuole aperte a tutti, in primo luogo su base obbligatoria, e, in seguito, gratuite per tutti.

Per raggiungere l’obiettivo di formare i cittadini liberi critici e coscienti del loro posto nella vita comunitaria, la scuola deve essere totalmente nelle mani dello Stato e indipendente dalle potenze ed ingerenze economiche.

Riteniamo pertanto che un sistema svizzero di formazione vada messo in piedi, ma un sistema ugualitario. Un sistema che sappia attuare misure concrete ed incisive contro la selezione, che ciò sia dovuto alle ineguali disponibilità finanziarie o che sia dovuto ai differenti profili e destini socio culturali.

NOI VOGLIAMO:

  • maggiori investimenti finanziari nei settori dell’istruzione pubblica
  • garantire la formazione per tutti
    • riducendo il numero d’allievi per classe, a tutti i livelli, garantendo un migliore rapporto e qualità nella relazione docente allievo (rapporto 1/15)
    • creando biblioteche multimediali e ludoteche presso le sedi – creando aule informatizzate ed una concreta alfabetizzazione informatica a partire dalle scuole elementari
    • favorire la massima integrazione fra allievi differenti, per livello di competenze ed origine
    • eliminare le classi speciali per stranieri
    • classi uniche e tronco unico sino alla fine delle medie
    • un servizio per allievi alloglotti
    • corsi di sostegno, potenziamento dei servizi di sostegno e dell’insegnamento specializzato, potenziamento dei servizi di diagnosi
    • studio assistito
    • garantire delle strutture dignitose e confortevoli
    • creazione e potenziamento dei servizi regionali di ricerca in educazione
    • l’istituzione da parte dello Stato di corsi di formazione continua gratuiti o economici, con particolare attenzione alla questione dell’analfabestismo di ritorno
    • l’istituzione e il sostegno, da parte dello Stato, alle strutture di formazione continua generale (università popolari, corsi serali …)
    • rafforzare l’istruzione generale per gli apprendisti;
  • allungare il diritto alla formazione per tutti
    • il diritto alla formazione gratis
    • l’abolizione delle tasse scolastiche, universitarie eccetera
    • trasporti pubblici gratuiti, per tutti i giovani in formazione (studenti ed apprendisti)
    • mense a prezzi “politici”
    • sviluppare una politica dell’alloggio per gli studenti universitari e delle altre scuole, che devono allontanarsi dal domicilio
    • potenziate le borse e gli assegni di studi
  • allargare il diritto alla formazione per tutti
    • la definizione di un budget e di una politica d’accesso largo e paritario alle offerte dette dell’informale
    • aprire le strutture scolastiche nelle fasce orarie extrascolastiche, nelle vacanze (estive e altre), aprire gli asili in estate, e così via
    • creare e potenziare luoghi pubblici e gratuiti (doposcuola, centri giovanili) dove si svolgono attività formative e ricreative durante il tempo libero. Questi devono essere luoghi “dell’apprendimento informale” a disposizione di tutti, che coprono tutti gli ambiti d’apprendimento come le lingue straniere, la musica, il cinema e anche la politica, e tutti quegli aspetti culturali che la scuola non può sufficientemente integrare nel proprio tempo
    • sviluppare scuole dette ad orario continuo
  • lo sviluppo dei saperi critici
    • l’istituzione di un programma d’educazione al consumo critico alla civica, alle questioni del lavoro, della salute, dell’energia,
    • l’istituzionalizzazione delle giornate autogestite a livello liceale e per gli apprendisti
  • la concessione dei diritti sindacali
    • agli studenti ed agli apprendisti – una politica dei congedi di formazione e degli anni sabbatici per i docenti, una politica dei salari uguali per tutti in tutta la CH
    • la gratuicità dei corsi d’aggiornamento e perfezionamento, un congruo sgravio orario per la formazione continua e permanente
    • un concreto aiuto per i docenti che assumono nella loro classe casi ed allievi particolarmente difficili
    • l’introduzione nelle amministrazioni e nelle aziende di congedi per la formazione del personale, come la formazione professionale e per l’istruzione generale.

Muralto, 21 aprile 2010