Il diritto alla formazione fra pubblico e privato. Uguali opportunità per tutti?

Sovente si sente parlare, o si legge, di giovani oberati. Di giovani che, terminata la loro quotidiana presenza a scuola, spendono molto del loro tempo libero occupandolo in attività extra. Di giovani che, dopo scuola, corrono, magari quotidianamente, al corso d’inglese, alla recita teatrale, all’associazione sportiva o alla lezione di musica. Giovani quindi occupati o sovraoccupati nel loro tempo extrascolastico non più libero. Ognuno avrà le sue idee ed esperienze in merito. Certamente questa rincorsa ha qualcosa del nefasto, un’offerta sacrificale alla rincorsa della ottimizzazione e della razionalizzazione delle risorse (altro che diritto all’ozio). In queste note non intendo però dissertare come e quanto ciò sia auspicabile oppure nefasto. A sapere se, come, quanto e quando un ragazzo dovrebbe occupare il suo tempo libero in attività strutturate. sapere se l’iscrizione del proprio figlio avvenga per un desiderio elitario di riuscita sociale, o venga fatta semplicemente per offrire delle occasioni ed opportunità di svago e di crescita e di socializzazione in un contesto protetto. Solo un vago ideale borghese e romantico può considerare le attività extrascolastiche come spontanee, autonome e spensierate. Solo recentemente vengono monitorate e quantificate, grazie alla sociologia e la fenomenologia dell’infanzia, indicando in genere un accresciuto numero d’attività extra-scolastiche dal contenuto formativo nella strutturazione ed occupazione del tempo dei giovani.
La sociologia dell’educazione, che per anni si é occupata di scuola, di diritto allo studio e di democratizzazione degli studi, allarga così il suo terreno d’indagine. Qualunque siano il giudizio e lo sguardo che si pongono, sono innegabili due dinamiche: una dell’ordine del mercato, l’altra dell’ordine culturale. 
– I luoghi preposti alla formazione dei giovani si sono moltiplicati come topi. In questo senso vanno considerate le società sportive, le scuole di lingue, di musica, teatro o altro: istituti, associazioni, club … che tutte offrono un servizio educativo e d’istruzione qualificato. Attorno a queste offerte formative private si produce un gran mercato. –
– I giovani vengono vieppiù indirizzati verso attività, come dire, ottimizzate?, corsi di lingue, matematica, inglese, eccetera … in quei luoghi preposti appena ricordati (altro che spazi autonomi …). I costi d’iscrizione sono rilevanti e solo un reddito medio alto li rende sopportabili. Si ritiene opportuno indispensabile completare, arricchire, allargare la formazione dei giovani, con offerte extra … 
Ne vedremo delle belle. Si fa per dire. In particolare saremo sorpresi dall’alto indice d’attività extrascolastiche nella scolarità obbligatoria, dalla loro grande variabilità ed infine dalla loro caratterizzazione sociale. Tratterò quindi di impari opportunità.

Gli indici al consumo in CH

Le indagini sul reddito ed il consumo delle economia domestiche svizzere ci danno alcune prime informazioni. In particolare sappiamo che nel 2003 il quinto delle economie domestiche meno abbienti ha un reddito disponibile che ammonta mediamente a 2’432 fr. mensili, mentre il reddito delle economie più agiate raggiunge i 12’123 franchi mensili (ERC 2003).
Una valutazione dettagliata delle spese “ricreative e culturali” secondo il reddito è disponibile con i dati relativi al 2000. Tra redditi inferiori e superiori, questa indagine indica una variazione di 598 fr. mensili (7176 fr. annuali!).
Se, invece di considerare le classi di reddito, consideriamo i gruppi di spesa, la variazione per le spese mensili per il tempo libero e la cultura raggiunge addirittura 892 fr. mensili (10704 fr. annuali!).

Sappiamo poi che il 70.97% delle economie svizzere spendono meno della media dell’insieme delle stesse, e che oltre il 30% delle economie si situa nel quartile inferiore delle spese (é vero che in questa ultima percentuale troviamo la categoria dei pensionati o delle economie senza più figli a carico, quindi economie con spese ridotte. Ma é pur vero che si ritrovano le famiglie monoparentali, d’immigrati ed altri soggetti sociali non propriamente marginali). Sappiamo poi che l’economia domestica svizzera media é composta da 2,3 individui.
Evidentemente, questi dati, ci danno solo una prima approssimazione del profilo medio svizzero. In particolare non considerano in maniera specifica le economie domestiche con figli. 
Data la media di 512 franchi mensili per le spese “ricreative e culturali”, come e quanto le economie domestiche con figli si discosteranno da questo profilo? Come e quanto si discosteranno le economie relativamente a loro reddito disponibile (leggi censo sociale), piuttosto che alla classe di spesa? Questo non ci é dato a sapere.
Possiamo solo immaginare come tale cifre possa variare a seconda del numero dei figli a carico e relativamente al reddito disponibile. Sappiamo però che in Svizzera un bambino su cinque é colpito dalla povertà.“La mancanza di risorse finanziarie impedisce l’accesso ai servizi, pubblici e privati, così come alle attività del tempo libero culturalmente arricchenti”. Questa é una delle constatazioni fornite dal rapporto “Enfance et jeunesse” del Programma nazionale di ricerca (PNR 52). 
Sappiamo solamente che le pratiche culturali e ricreative in Svizzera sono certamente strutturate in funzione dell’ineguaglianza salariale. “Ainsi les catégories de revenus, les niveaux de formation et l’origine sociale paraissent avoir une influence univoque sur la fréquence (…) plus le revenu du ménage et le niveau de formation sont élevés plus la fréquence de ces pratiques tende à augmenter” (Modetta, Gazareth). Altro che pari opportunità! I bambini nati in economie povere che dispongono di un debole livello d’istruzione avranno in generale “peggiori prospettive d’avvenire” (Enfance et jeunesse en Suisse).

Le attività extrascolastiche

Cosa sappiamo noi della occupazione del tempo libero dei giovani?
In particolare é possibile quantificare il numero d’attività e d’ore dedicate settimanalmente ad attività cognitive, culturali, sociali? Attività che vengono considerate arricchenti dal punto di vista della crescita personale?
Certamente le occasioni d’apprendimento “non formale” sono molteplici. La ricerca considera le attività extra scolastiche strutturate, vale a dire le attivista cognitive, sportive artistiche che avvengono in un contesto organizzato, una scuola di lingue, una società sportiva, un centro giovanile, una scuola musicale … . Abbiamo certamente poi altre molte altre attività che avvengono in una relazione d’apprendimento in genere individuale, come le lezioni private di ricupero o lo studio assistito. Ma ciò é difficilmente quantificabile e fuori da un possibile controllo di qualità degli stessi.
Fuori da questi contesti potremmo ancora considerare le colonie estive linguistiche, oppure i campi giovanili che abbinano sport e lingue, e così via.
In mancanza di dati sufficienti su tutto ciò riporterò solamente alcune osservazioni riguardanti:
– le attività strutturate,
– le lezioni private di ricupero scolastico.

Le attività extra scolastiche strutturate

Riportiamo l’essenziale di due realtà diverse.
A Ginevra, sappiamo che:
– il 76,8% di ragazzi praticano al meno una attività settimanale,
– il 61% di bambini di 4 – 6 partecipa almeno ad una attività,
– fra questi, i bambini di ceto medio partecipano a 1,3 attività differenti per settimana, i bimbi di ceto alto a 2.3 attività,
– nessun bambino di ceto alto partecipa ad attività socio-culturali, svolte per lo più nei “centre des loisirs”, frequentate per lo più dai bimbi d’estrazione bassa,
– il 91,8% fra i ragazzi di 9-11 partecipa almeno ad una attività,
– fra questi, i ragazzi di estrazione alta hanno un maggior tasso di frequenza sull’insieme delle attività, in particolare nelle attività sportive e nei corsi.
A Torino invece scopriamo che frequenta almeno una attività,: 
– il 51% dei bambini della scuola dell’infanzia, 
– l’80% dei bambini delle elementari (37% un’attività, 26% due attività, 16,8% tre attività), 
– l’80 dei ragazzi delle medie (41,1% un’attività, 22,2% due attività, 15,8% tre attività). 
Gli autori segnalano come in genere la mobilità verso spazi strutturati dedicati all’infanzia è fortemente vincolato dalla disponibilità finanziaria e alle costrizioni temporali (orario e tipologia del lavoro) cui sono soggetti i genitori. La collocazione socio-economica dei genitori: proletari, precari, immigrati piuttosto che medio-alta borghesia, è chiara. Il profilo del bambino di ceto medio-alto “ce lo rappresenta superimpegnato durante la settimana (fa almeno due, ma preferibilmente tre o più attività organizzate extra-scolastiche). 
Alle elementari, quando si muove con i suoi amici, si sposta quasi esclusivamente in automobile, mentre alle medie utilizza prevalentemente l’autobus. Al sabato e alla domenica fa molta attività sportiva e di movimento (probabilmente per questo vede meno televisione).Passa molto tempo con gli amici, a casa propria o loro e frequenta luoghi di cultura e di divertimento” (Vite da bambini, pag. 187).
Il bambino povero “invece segue invece un numero limitato o nullo di corsi extra-scolastici dopo la scuola, con gli amici si muove quasi esclusivamente a piedi, soprattutto quando è alle medie. Al sabato e alla domenica non fa attività sportive e passa poco tempo con amici al di fuori di strutture organizzate, ma passa il suo tempo libero soprattutto all’oratorio o davanti al televisore; i più grandi al sabato si trovano con amici in strada o in centri commerciali” (ibidem).

Le altre attività

Il fenomeno del ricorso di lezioni private da parte d’allievi che frequentano la scuola pubblica é in aumento. Scuola ticinese nel 2002 scriveva che:
– il 13,3% degli intervistati seguiva le lezioni private;
– le materie più gettonate erano quelle a livelli (quelle con il maggior numero di bocciature), matematica, francese, tedesco e poi inglese;
– contrariamente alle previsioni, erano i figli di ceto medio-alto i maggiori “beneficiari” di tali lezioni.
Uno studio condotto dalle scuole medie di Losone rilevava poi che il 10,9% di studenti “é stato confrontato con le lezioni private”, e che il 5,6% degli allievi ricorreva a lezioni private già ad ottobre.

I dati pubblicati nel 2005 (Mariotta, Nicoli) mostrano il 12% della popolazione scolastica soggetta a lezioni di ricupero. “I soggetti ricorrono infatti a lezioni private per le materie a differenziazione curricolare, e in particolare per la matematica, anche se, nella maggior parte dei casi, possono vantare in queste stesse materie la sufficienza o addirittura una nota discreta. Inoltre, osserviamo nei due campioni una certa similitudine anche per quanto riguarda l’ambiente socioculturale di coloro che fanno capo ad un sostegno extra-scolastico, fra i quali figura una maggioranza di svizzeri, con l’italiano come lingua madre e i cui genitori dispongono di una formazione di livello terziario e svolgono ruoli professionali fra i quadri altamente specializzati”.
Nel 1990 uno studio dell’USR (Lupi, 1990) stimava “a circa un quarto gli studenti che, dalle prime scelte curriculari operate in III media alla maturità, debbono ricorrere a lezioni private (pag. 121)”.
“La partecipazione a corsi estivi si conferma come una abitudine assai diffusa negli studenti e nelle famiglie ticinesi. Un quarto degli allievi della Scuola Media e la metà della popolazione scolastica coinvolta nell’indagine delle Scuole superiori, frequente questi corsi
” (pag. 121).
Anche se non direttamente connesso con quanto andiamo discorrendo, a sostegno della “qualità” dell’apprendimento informale che avviene nel tempo libero, la questione dei compiti scolastici é assolutamente illuminante. 
L’esecuzione e la riuscita degli stessi sono molto direttamente dipendenti dalle variabili culturali in famiglia. In particolare i compiti estivi (cfr. Jarousse Leroy-Audoouin) fungono da trampolino per gli allievi meglio seguiti e invece risultano penalizzanti per gli altri.
Vale a dire: al rientro scolastico, dopo le vacanze estive, il divario tra migliori e peggiori si é accresciuto.

Per concludere

Le osservazioni riportate non sono frutto di uno studio specifico, ma piuttosto il frutto di un percorso di ricerca.
Le osservazioni e i dati riportati in questo articolo dal sottoscritto considerano l’occupazione del tempo libero dei bambini. Queste osservazioni vengono a porsi in qualità di termometro. Sono una possibile ed utile misura del diritto alla formazione e della qualità della formazione per tutti.
Ciò é fondamentale perché viene a definire i compiti di uno Stato che vorrebbe appellarsi democratico.
Che cos’é la democrazia scolastica in una società del consumo e delle comunicazione a carattere turbo post capitalista come l’odierna? 
Come realizzare la democrazia scolastica se non perseguendo (fra altre cose) una ridistribuzione (tramite potenziamento!) delle risorse e delle opportunità di formazione?
Il diritto alla formazione va oggi analizzato là dove la formazione si esplica. E cosa ci dice questa analisi? 
Che la scuola dell’obbligo perde terreno, che ha perso peso e centralità, che molte istanze private vengono a porsi quali vettori oltre che d’ineguaglianza e selezione, che le offerte private vengono a porsi come alternative, o più subdolamente come complementi della formazione.
L’avanzata dell’importanza della formazione detta informale, il riconoscimento del suo peso e del suo ruolo appare in tutto il suo disarmante classismo nei nuovi criteri di certificazione degli apprendimenti. I “passaporti”, i Portfolio, i PEL portano un vero e proprio salto paradigmatico nella certificazione degli apprendimenti.
Prendiamo ad esempio il PEL (Passaporto Europeo delle Lingue, strumento clonato in mille salse in tutta Europa e pure pubblicizzato sul sito del nostro Decs). In esso il giovane può (dovrà) iscrivere le proprie competenze, i livelli raggiunti, le scuole, i corsi, i luoghi di soggiorno linguistico, le redazioni, e quanto più ancora … Tutto rigorosamente documentato e catalogato. 
Il PEL é il modello di tutti i nuovi criteri certificativi. Uno strumento individuale, di proprietà dell’allievo. Uno strumento selettivo, spacciato sotto la forma di “biografia” personale.
Il libretto scolastico (la pagella) di nostra vecchia conoscenza almeno trovava (trova ancora) la sua validità nel descrivere i livelli raggiunti dall’allievo rispetto un sapere ed un bagaglio d’insegnamento-apprendimento comune, uguale per tutti. Era una misura del grado d’acquisizione dei programmi comuni. 
E per questo era pure un segno della responsabilità dello Stato nel fornire strumenti comuni a tutti.
Il PEL invece – e qui sta tutta la dirompenza di questo salto paradigmatico – trova la sua utilità nel descrivere dei percorsi e degli apprendimenti avvenuti del tutto al di fuori della responsabilità dello Stato. Apprendimenti sviluppati in maniera del tutto individuale, solo sussidiariamente nella scuola pubblica. Il PEL conferma così il “valore aggiunto” degli apprendimenti informali.
In questo é solo testimone delle impari opportunità e della deresponsabilizzazione dello Stato …

Postilla

Quando si parla di HarmoS … tutto il dibattito si é annegato in una (difficile) equazione aritmetica, 5 + 4 = 6 + 3 ? Non bisognerebbe limitarsi a considerare se e é meglio perseguire 5 anni d’elementari più 4 di medie, oppure 6 d’elementari più di 3 di medie, o considerare altre facezie del genere. E’ spaventoso. 
Molto più salutare sarebbe capire come lo Stato vuole e può ridistribuire le occasioni di formazione nella scuola dell’obbligo e oltre la scuola dell’obbligo. O come vuole ridistribuire quello che sempre più appare un “valore pedagogico aggiunto”. Valore pedagogico riconosciuto al privato ma non assicurato al giovane. 
Garantirebbe magari allora ad ogni allievo le migliori condizioni quadro per ottimizzare la sua quotidianità extra scolastica .

Il presente articolo è stato pubblicato in Solidarietà, anno 10, n° 1, gennaio 2009

Riferimenti

M.C. Belloni (a cura di), Vite da bambini, la quotidianità dai 5 ai 13 anni, Torino, Università degli studi, Archivio Storico della città di Torino, 2005

M.C. Belloni, Il tempo dei bambini, in I tempi della vita quotidiana, Roma, ISTAT, 2007 

P. Cassasus, D. Kuonen, Les rythmes horaires et l’emploi du temps des enfants selon le modèle du temps libre relatif, Genève, SRED, 2004 

F. Ducrey, R. Lieberherr, P. Pasche Bonvin, L’enfant et les activités institutionnelles à Genève, recherche sur l’emploi du temps de l’enfant (ETE), Genève, SRED, 2003 

Enquête sur les revenus el la consommation (ERC), revenus et dépenses des ménages en 2000, Résultats détaillés, Ufficio federale di statistica, Neuchâtel, 2003 

C Modetta, P. Gazareth, Pratiques culturelles et de loisirs en Suisse (2003), Ufficio federale di statistica, Neuchâtel, 2008 

Inchiesta: Lezioni private di ricupero scolastico nel nostro istituto, Scuola Media Losone, 2002 

Indagine sul reddito e il consumo 2003, comunicato stampa, Ufficio federale di statistica, Neuchâtel, 2005; per conoscere l’inchiesta cfr. Enquête sur les revenus el la consommation 2003, premiers résultats, Ufficio federale di statistica, Neuchâtel, 2005

J. P. Jarousse, C. Leroy-Audoin, Les activités scolaires des élèves durant le congé d’été et leur consequences sur le niveau des connaissances à la rentrée, les cahiers de l’iredu, UNI de Bourgogne, 2001

La vita quotidiana di bambini e ragazzi, Roma, ISTAT, 2000 

Lezioni private, in Scuola ticinese, periodico della divisione scuola, DeCS, anno XXXI, serie III, 2002, 253 

Lupi M., Lo studio personale a domicilio, USR, Bellinzona, 1990 

Mariotta M., M. Nicoli M., Il ricorso a lezioni private nella scuola media, USR, Bellinzona, 2005 

Schulteis F., Perrig-Chiello P., Egger S., Enfance et jeunesse en Suisse, Programma nazionale di ricerca, L’enfance, la jeunesse et les relations entre les générations dans une société en mutation (PNR 52), Basilea, Beltz, 2009