Harmos. Perché si parla così poco degli Standard e dei Portfolio? Eppure …

La futura politica della formazione (leggi Harmos) prevede degli standard educativi (benchmarks) e dei portfolio (certificativi degli apprendimenti). Non entro adesso nel dibattito sugli standard, che assolutamente rischiano di banalizzare, vedi omogeneizzare, cultura ed insegnamento (non per niente si parla appunto di “standard”). Come si sa il passo tra certificare ciò che si insegna e insegnare ciò che si certifica è piuttosto corto …
Desidero piuttosto intervenire molto brevemente sulla questione dei “portfolio” e la loro pretesa di documentare/certificare pure i “processi di apprendimento informale”.
Cosa significa certificare i “processi di apprendimento informale”? Ma significa certificare gli apprendimenti che avvengono fuori dall’ambito scolastico! Dunque nel privato (apprendimenti avvenuti tramite corsi di lingue, teatro, musica, cultura generale, sport e quant’altro…)! E notasi bene si parla di scuola dell’obbligo.
Dunque ben si conferma che oggi (per le esigenze economiche del sempre rampante capitalismo) i giovani scolari e studenti hanno da imparare molte cose fuori scuola. E si conferma pure che moltissime cose che hanno da imparare sono propriamente proposte fuori dalle scuole!
Visto che la realtà è così a ben ragione e non per niente si vuole chiarezza … e ben conoscere quali sono quegli apprendimenti (formali ed informali) dei giovani.
Ma questo ci indica come questa pretesa – oltre che essere un riconoscimento fondante dell’importanza di quegli apprendimenti – sia una conferma che:
1. la formazione dei giovani travalica tutti i confini creati con e attorno alla scuola. La formazione è qualcosa di più, molto più, di quanto non insegni la scuola;
2. come il riconoscimento di questo molto più sia un riconoscimento e una apertura verso il privato
… tutto ciò alla faccia della selezione e del classismo scolastico. 

P.S.
In questo delirio certificatorio dei portfolio, sarà il pubblico che certificherà il privato o il privato che certificherà il pubblico? O che certificherà se stesso?

Pubblicato in
Solidarietà, anno 7, n° 20, novembre 2006 e in
Area, settimanale di critica sociale, anno IX, n° 47, novembre 2006