Un alfabeto per il diritto allo studio
Può la scuola essere democratica? Parlo di scuola dell’obbligo.
La scuola é ancora democratica?
La stagione delle passioni e dell’impegno, per il diritto allo studio per tutti, è oramai tramontata, facendo parte di una narrazione tramutatasi in mito?
La razionalizzazione e l’ottimizzazione delle risorse devono venire a porsi inesorabilmente come sole pratiche egemoni nella regolazione del diritto allo studio?
… A chi interessa ancora la scuola democratica?
Ecco alcune formulazioni di una sola originaria domanda: Cosa vuol dire, oggi, scuola democratica? Come perseguire, oggi, il diritto allo studio per tutti?
Domanda che poi si sviluppa, deve svilupparsi, in una ricca serie di interconnessioni … dalla quotidianità delle pratiche pedagogico-didattiche ai dati della ricerca in psicopedagogia e pedagogia, dalle scelte politico-istituzionali alla mortificazione istituzionalizzata dei docenti (nonché della scuola e della cultura, attraverso la delegittimazione salariale e altre misure di “contenimento” delle spese), dai rapporti fra docenti e istituto alla funzionalità della scuola in un realtà formativa che sempre più si fa informale, e così via. Molte sono le interconnessioni possibili e reali.
Parlare di scuola democratica. È possibile delineare un percorso che lucidamente possa andare da una all’altra connessione, e che possa prefigurare, dico bene, pre-figurare delle possibili scelte? Un percorso che sappia ben padroneggiare le variabili in azione, che ci dica cosa fare, quale pedagogia imbastire, quali scelte politiche perseguire, ecc?
Premessa: le funzioni del codice.
Lettere = ciascuno dei segni dell’alfabeto.
Alfabeto = insieme degli elementi più semplici ed essenziali di una disciplina. I primi rudimenti di una scienza.
Queste righe hanno prevalentemente una funzione “cartografica”. Una descrizione del terreno “scuola oggi”. Una indicazione dei suoi luoghi, delle sue pratiche, dei suoi nodi, dei suoi svincoli, incroci, pantani, o che dir si voglia.
La costruzione di un alfabeto per una scuola democratica è l’operazione prima, per dare i primi segni basici, più semplici, per creare una disciplina … La mappa del territorio equivale così ad una conoscenza del territorio, una sua rappresentazione.
L’osservazione di questa mappa permetterà la definizione di un percorso?
Alfabetizzare = mettere in grado di leggere e scrivere. Certo, non si tratta di leggere la lista della spesa, si tratta di costruire percorsi di significanza e di emancipazione personale e sociale.
Questo mio intervento vuol essere:
indicazione degli elementi essenziali per una scuola democratica, nell’ottimizzata epoca tardo turbo-capitalista;
una elencazione di fatti, non ancora un approfondimento;
una mappa approssimativa per un primo avvicinamento, per un primo sorvolo, per un primo ipotetico percorso.
Un alfabeto per la scuola democratica
a) I disturbi d’apprendimento.
Mediamente i disturbi specifici d’apprendimento si situano attorno al 5-6% della popolazione. Sono stabili per ogni fascia di età. I servizi di sostegno invece seguono un numero di allievi che cresce con l’età (dal 10% alla S.I. al 17,5% alle medie). Ciò significa che esiste una largo ventaglio di fattori detti “ambientali” che influiscono sulla riuscita scolastica, fattori che non sono legati al bagaglio personale dell’allievo, che non sono legati alla sua “dotazione” personale, privata.
b) La riuscita scolastica.
Le prove PISA 2005 indicano un 15% di quindicenni che escono dalle medie con gravi difficoltà in lettura e scrittura.
c) Le lezioni private.
Altri indicatori regionali, danno sino a un 15% di allievi che seguono lezioni private di “ricupero” al fine di ottenere migliori note alle medie. I dati sociologici indicano come questi allievi siano tutti largamente appartenenti a famiglie di ceto medio alto ed alto.
d) L’origine sociale.
Lo si sa da tempo, l’origine sociale resta sempre il maggior indicatore della riuscita scolastica.
e) Formale ed informale.
La struttura formativa attuale è pubblica solo per una minima parte. I dati indicano una frequentazione crescente di proposte formative, linguistiche, sportive, ecc …
Il riconoscimento dell’importanza e del valore formativo degli apprendimenti che avvengono nei contesti detti informali non è mai mancato. Questo apprezzamento si confonde però con l’osservazione del contesto familiare detto banalmente “più o meno” stimolante.
f) Pari opportunità e/o pari acquisiti?
Negli anni passati le politiche di democratizzazione si basavano sullo slogan “pari opportunità” per tutti. Oggi un nuovo slogan viene a porsi con grande necessità: “pari acquisizioni per tutti”.
g) Classi eterogenee o classi omogenee.
C’è chi crede che la formazione delle classi, in particolare la presenza dei migliori con i peggiori nelle medesime classi integrative (dette così eterogenee) vada a discapito della qualità dell’insegnamento e del “diritto” dei migliori. Ciò malgrado che si sappia da una serie di indicatori scientifici e statistici che a pari qualità dell’insegnamento, a pari investimento, la differente composizione delle classi non incide per nulla sul livello raggiunto dagli allievi.
h) Il numero degli allievi per classe.
Dati statistici, precisi, longitudinali indicano chiaramente come il numero degli allievi debba variare attorno al numero di 15 al fine di ottimizzare al meglio le risorse pedagogiche e la relazione docente allievi. Tale misura resta per ora una delle principali misure che colmano i ritardi e le difficoltà scolastiche dovute all’origine sociale degli allievi
i) L’apprendimento differenziato e/o apprendimento cooperativo.
Il rinnovamento pedagogico odierno si basa molto sulla differenziazione dei programmi. Tale impostazione pedagogico-didattica viene oggi proposta e realizzata in un contesto di ottimizzazione e razionalizzazione delle risorse. Il rischio è che tale differenziazione si trasformi in un implicito abbandono dei più deboli.
j) Ancora sulla differenziazione dei programmi.
La gestione delle differenze di apprendimento e di sviluppo tramite le applicazioni didattiche della differenziazione dei programmi marcano un cambio di paradigma. All’apprendimento cooperativo si sostituisce, parzialmente, o totalmente, l’apprendimento individualizzato. Le ricerche in educazione tendono a dimostrare che l’apprendimento individualizzato non porta a risultati migliori rispetto quelli cooperativi, anzi. La sostituzione di un concetto cooperativo con uno individualizzato, o differenziato, non è privo di valore. Al minimo ha a che vedere con il tipo di comunità scolastica che si vuole perseguire …
k) La bocciatura.
Anche qui lo si sa e un recente studio in Svizzera lo conferma ulteriormente. La bocciatura, quale misura pedagogica, non è efficace nel contrastare l’insuccesso scolastico. A pari difficoltà gli allievi promossi ottengono maggiori benefici nell’apprendimento rispetto gli allievi bocciati …
l) La politica delle certificazioni, PEL – Portfolio.
Il nuovo quadro europeo, e svizzero (vedi Harmos), della formazione, prevede la certificazione degli apprendimenti informali, riconoscendoli quali importante tassello nello sviluppo e nella crescita cognitiva e nella istruzione. Sappiamo come questo contesto informale non sia propriamente quello delle pari opportunità …
m) La politica delle certificazioni, confronto fra istituti.
Sempre il contesto Harmos, prevede il confronto fra sistemi scolastici, quale misura dell’efficacia dei processi di insegnamento ed apprendimento. Questo contesto definisce i risultati degli allievi, a dati esami, quale strumento di analisi dell’efficacia di una scuola o di un sistema scolastico.
Si fa quindi astrazione della composizione sociologica delle classi, della pedagogia apportata e delle condizioni generali di lavoro, ecc … Numerosità delle classi, omogeneità delle stesse, tasso di motivazione, allocazione di risorse finanziarie, politica della formazione insegnante, salariale ecc … non sono ritenute variabili pertinenti quali indicatori della qualità di un sistema scolastico o della scuola.
n) Gli standard in formazione.
I nuovi parametri nazionali, prevedono la definizione di standard di formazione analoghi per tutti in tutta la confederazione. Come va gestito il mancato raggiungimento da parte di singoli allievi di tali standard? Vanno bocciati, finito l’obbligo vanno abbandonati al loro destino, vanno rinforzate le misure di sostegno affinché tutti raggiungano gli standard minimi?
o) Gli standard in formazione, ancora.
Quale rapporto bisogna considerare fra standard, apprendimento formale (dunque dispensato dalla scuola) e apprendimento informale certificato dai nuovi Portfolio? Gli standard prevedono in qualche maniera l’apporto di apprendimenti informali?
p) Gli standard di qualità.
Sempre Harmos definisce degli standard di qualità. Per ora non si capisce bene di cosa si tratti. Elementi quali: numero di allievi per classe, standard salariali pari in tutta la Confederazione, grandezza delle aule, presenza di aule informatizzate, presenza o meno di insegnanti di materie speciali, ecc, ecc, ecc, vanno assolutamente considerati e potenziati
q) La lingua.
La padronanza della lingua è un altro elemento decisivo per quanto riguarda la riuscita scolastica. Come indicato alla lettera b), gli indicatori PISA sono alquanto poco rassicuranti.
Tra mero ruolo di trasmissione ed espressione di saper fare, da un lato, e ruolo di crescita intellettuale e culturale, strumento di comunicazione dall’altro, c’è di mezzo il mare.
r) Le classi comportamentali e le classi speciali.
Negli ultimi anni i casi detti comportamentali hanno assunto una presenza sempre più dirompente. Alle medie si sono così create classi speciali per loro. Lo stesso problema si sta creando in maniera altrettanto preoccupante alle elementari. Quali strumenti? Gestire l’esclusione dal gruppo o il ritorno?
s) Esclusione sociale.
Il dovere educativo e di formazione per i deboli e fragili non è solo eticamente e moralmente opportuno. L’osservazione della gioventù “bruciata”, indica che drogati, esclusi sociali, frequentatori dei servizi sociali, ecc … hanno avuto (subito?) una scolarizzazione precaria. Le medie sono un ottimo termometro dei futuri disagiati.
t) La collaborazione scuola famiglia.
La collaborazione scuola famiglia è considerata uno dei capisaldi della educazione dei giovani. Quale famiglia? la famiglia media, la famiglia borghese, la famiglia ricomposta, la famiglia monoparentale? … Variabili relazionali, e variabili socio culturali vengono a indicare come la collaborazione venga ad essere banalizzata. Nelle odierni condizioni non si riduce la collaborazione alla mera trasmissione (talvolta unilaterale) di comunicazioni?
u) I rapporti scuola autorità.
Qualsiasi riforma non può essere sviluppata senza considerare i suoi attori. L’attuale dinamica perpetua la delegittimazione delle preoccupazioni, delle riflessioni e delle esigenze professionali dei docenti.
v) La politica dei salari
e la politica della formazione dei docenti. È ora di dirlo forte e sinceramente.
Il modello integrativo ticinese è fra i molti quello preferibile, ma HA DEI COSTI ELEVATI, in termini di stanchezza, burn out, eccetera. Tale modello va sostenuto! Non solo con una politica della formazione, a costo zero come è attualmente. Ma pure con una politica degli anni sabbatici, dei salari, ecc … vale a dire con misure strutturali e contrattuali (sindacali) …
La politica attuale del DECS è scriteriata. Abbandona quasi letteralmente i docenti delle elementari e delle medie ad un aumento sistematico degli oneri e ad una sintomatica rincorsa alle formazioni, quale unica politica per gestire le falle sempre più impressionati della scuola nei tempi che corrono.
w) L’organizzazione del SSP.
Dall’85 gli oneri per i servizi di sostegno sono sempre aumentati. Sia da un profilo qualitativo che quantitativo. Le risorse mai. La sua presenza è poi del tutto insufficiente, per non dire inesistente in determinati settori
x) Corsi di lingua per alloglotti.
Che dire della attuale allocazione di 32 ore bi-annuali per i bambini alloglotti a fronte dei dati statistici relativi alla riuscita scolastica? Specialmente dei dati relativi alla padronanza linguistica?
y) Analfabetismo di ritorno.
Nel nostro Paese il 22% della popolazione, tra cui 600 mila adulti, ha problemi in questo senso. I costi sociali derivati dall’analfabetismo di ritorno sono stati calcolati prudentemente in 1.1 miliardi di franchi l’anno. Questi dati non possono lasciare indifferenti, poiché una società per funzionare al meglio abbisogna di persone che in essa possano interagire con cognizione di causa.
z) …
Il presente articolo è stato pubblicato in Verifiche, n° 1, febbraio 2008, Mendrisio