Premessa
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Attraverso le osservazioni seguenti non desidero assolutamente dissertare attorno il lavoro di differenziazione di matematica adottato in alcune classi del circondario. In questa sede sarà considerato come dato e pratica didattica acquisita e indiscussa. La mia preoccupazione é legata al ruolo possibile, a un possibile ruolo dell’ operatore SSP in una prospettiva di differenziazione concretizzata in quella maniera. In particolare si tratta di valutare quale tipo di strumento facilitante, quale protesi, possiamo offrire agli allievi in difficoltà e segnalati al SSP. -
Le seguenti sono note raccolte progressivamente, senza un riflessione sistematizzata, scritte nei ritagli di tempo. Richiederebbe un lavoro più meditato, in particolare per i riferimenti alla psicologia genetica e alla psicologia della metacognizione.
Psicologia e metacognizione della scelta
Un aspetto macroscopico che intercetta rapidamente l’ attenzione dell’ operatore SSP, che collabora con docenti promotori dell’ approccio differenziato in matematica, é legato alla natura stessa dello strumento “classatore di mate”. Questo aspetto, é così importante tanto da poter sconvolgere completamente la potenza euristica del concetto di percorso d’ apprendimento differenziato e autonomo, base e vero e proprio fondamento dello strumento.
L’ organizzazione del classatore, se richiede e permette la differenziazione dei percorsi, richiede anche una forte dose di autonomia, o almeno una forte carica interna, una buona immagine di sé, attraverso una rappresentazione delle proprie difficoltà e delle proprie forze; richiede una predisposizione positiva all’ autonomia, quando questa ancora non é stata “geneticamente” costruita e ammettendo che questa si sviluppi progressivamente, per tappe (… pur non avendola la voglio perseguire). E così via.
(Il concetto stesso di autonomia non é univoco, di facile definizione e osservazione. E dinamico e presenta zone oscure nel suo sviluppo. Basti pensare, per semplificare, che: 1) definiamo il bambino come autonomo quando dimostra di aver acquisito una conoscenza o una procedura, o serie di procedure. L’ autonomia allora si confonde con la stessa conoscenza; 2) il suo sviluppo é disuguale, subisce accelerazioni, stasi, in ogni ambito dello sviluppo. La psicologia genetica ci insegna come i décalages di sviluppo intrastadiali e interstadiali sono parte stessa del concetto di sviluppo).
Quest’ aspetto di organizzazione, o di auto-organizzazione, é dunque centrale per un approccio attivo, non meccanico, nell’ acquisizione delle conoscenze.
La questione allora diventa: come evitare che il lavoro del bambino si riduca in una spinta coattiva a riempire spazi mancanti (il colorare le schede) senza costruire veramente un percorso, senza assimilare per davvero gli insegnamenti?
Il rischio é che i bambini si ritrovino a lavorare con uno strumento che rinforza eccessivamente una loro pratica eccessivamente frammentaria del curricolo (esito a utilizzare il termine di rappresentazione invece di quello di pra-tica. Ma sarebbe stato discutibile affibbiare ai nostri allievi, o ad alcuni di essi, la capacità di rappresentare un insieme di complesso di conoscenze, che impli-ca in ogni caso un atteggiamento attivo. La discussione restando aperta la frase avrebbe potuto essere: “una rappresentazione eccessivamente frammentaria del curricolo”), dove l’imperativo comportamentale principale diventa la colorazione delle caselline, piuttosto che la tessitura di relazioni fra le conoscenze.
Invece una sana pratica, vedrebbe nel classatore uno strumento che raccoglie apprendimenti a rete arborescente a livelli multipli o a rete complessa; con espansioni di conoscenze non solo dai livelli facili a quelli difficili, ma ovviamente anche tra argomenti vari (un sottostante modello costruttivista d’ apprendimento é naturalmente alla base di queste osservazioni).
Ci troviamo quindi immersi immediatamente, sin dal prima presentazione del classatore ai bambini, al problema della scelta; della trasformazione di un attitudine passiva, dipendente, dell’ apprendimento a una richiesta di grande attività, di consapevolezza delle proprie riuscite-disfatte, degli strumenti-aiuti che possiamo utilizzare, ecc… In poche parole si tratta della presa di coscienza, che sia delle relazioni tra conoscenze e procedure intra e inter livelli, dei percorsi possibili da svolgere, delle similitudini o delle differenze tra conoscenze …
Ci situiamo dunque a un livello metacognitivo: la riflessione sul proprio saper fare, la definizione dei proprio bisogni, esigenze, difficoltà, ecc …
Proprio quello che tanti nostri allievi non sono in grado di attivare.
I problemi pratici che si pongono allora sono:
1) in che maniera il bambino opera le sue scelte, che può essere la questione di come il bambino si rappresenta una data conoscenza, o gruppo di conoscenze richieste da una scheda (di qualsiasi livello);
2) in che maniera il bambino constata la continuità esistente fra le schede. Continuità longitudinale, ma anche trasversale;
3) …
4) quali sono gli strumenti che il bambino si da per potere continuare sulla strada intrapresa, é questo un problema conseguente alle sue ipotesi di lavoro di partenza;
5) se il bambino riesce a fare delle ipotesi;
6) se esiste una possibilità euristica di utilizzazione dell’ errore, la comprensione delle proprie impasse, ecc…
7) ……
Si vedrà che le proposte di lavoro giocheranno molto sulla metacognizione e l’ auto-rappresentazione. Queste non sostituiscono il tradizionale lavoro del’ operatore SSP. Vogliono solo integrare maggiormente aspetti negletti ma anch’essi essenziali.
Il Progetto di lavoro
Se un problema é quello della scelta e dell’ indirizzo che bisogna adottare nella progressione degli apprendimenti, se desideriamo indurre comportamenti che non si fermino alla frustrante procedura per tentativi (prove-errori), ecc … allora dobbiamo limitare molto il campo d’ azione del bambino. Formalizzando il momento della scelta, bloccando il bambino su tale questione gli permettiamo comunque una minima autonomia, favorendo una sua riflessione, tramite confronti, scoperta di equivalenze, ecc … che portano a scelte meditate.
Per questo ho proposto una pratica regolare del progetto di lavoro. A pressa poco si può procedere così.
Il bambino in questione deve, con l’ aiuto dell’ operatore di sostegno o del docente titolare, costruire il proprio itinerario di lavoro definendo pragmaticamente, nero su bianco, quali argomenti desidera affrontare, se desidera esercitarsi o misurarsi con una scheda principale (fogli gialli). Questo deve essere fatto regolarmente; attualmente la pratica vede la redazione di un progetto settimanale. Questo progetto é un contratto di lavoro firmato dal bambino, dall’ operatore di SSP e dal committente, che detiene poi un diritto di veto. Il tutto é dunque registrato e firmato dai contraenti;
Alcune osservazioni:
• la scelta settimanale. E determinata dall’ esigenza di dare al bambino la possibilità di rappresentarsi un pacchetto di attività dilazionate nel tempo, di favorire una continuità del lavoro stimolando il passaggio da dinamiche primarie di funzionamento ad altre secondarie, di mettere in gioco la memoria relazionando quella a corto termine con quella a lungo termine;
• il committente e il diritto di veto. Il docente titolare é colui che dirige il lavoro e gestisce il gruppo classe oltre ché dare le note e sanzionare le boccia-ture. Come “direttore” del gruppo deve dunque detenere una responsabilità di supervisione e di correzione delle scelte “spontanee” del bambino. Date la sua responsabilità di conduzione, istruzione e educazione vale la pena che la manifesti ogni qual volta il bambino procede per approcci dispersivi o poco costruiti. Per tale ragione, può rifiutare una proposta del bambino, per modificarla totalmente o in parte;
• il consuntivo. Per favorire una riflessione sulle proprie difficoltà e riuscite vale la pena introdurre una fase di consuntivo del lavoro. Attraverso questa possiamo rilevare eventuali difficoltà o impasse, come la coscienza delle stesse che né ha il bambino. Questo momento potrebbe essere molto importante in casi di acquisizioni altalenanti. E’ in questo momento che si può dissertare e fare della metacognizione sugli ostacoli insormontati. Il consuntivo tiene il ritmo del progetto, è quindi attualmente settimanale;
L’auto rappresentazione o la semaforizzazione
Una fase importante della valutazione è la cosiddetta “semaforizzazione”. Questa attività vede il bambino valutare soggettivamente il grado di difficoltà e di “distanza cognitiva” tra il proprio livello e quello richiesto.
Non si insisterà mai sufficientemente su tale aspetto. Con bambini come i nostri, con un Io potenzialmente fragile, soggetti a continue e reiterate frustrazioni, si pone costantemente il problema della rivalutazione, del rinforzo, della ridislocazione del giudizio in una visione completa e non parziale del bambino (Troppo sovente i bambini seguiti dal SSP sono valutati con un occhio parzia-le. E’ vero che come agenti sul disadattamento dobbiamo portare l’ accento sugli aspetti problematici dello sviluppo del bambino. Ma troppo sovente questi sono confusi con lo stesso bambino, che viene così alienato della sua comple-tezza. Questo poi é tanto più facile in quanto, generalmente, le rappresenta-zioni comuni della difficoltà e del disadattamento scolastico sono enfatizzate).
Questo problema é poi lo stesso che vive il bambino soggettivamente. Il bambino in difficoltà deve costantemente poter risituare in maniera completa le proprie risorse e le proprie auto-rappresentazioni, visto che quotidianamente ha materiale per sentirsi avvilito.
Questa risistemazione può avvenire tramite il passaggio seguente:
• da un lato la staticità delle immagini di valutazione é superata inserendo una dimensione temporale, che mostri nero su bianco lo sviluppo personale del bambino, così che possa confrontare dei profili successivi;
• dall’ altra il confronto con i compagni deve essere superato da un confronto con sé stesso. Cosa importante per non cadere vittime di quella coazione a colorare rammentata precedentement ;
in questa maniera possiamo ottenere rappresentazioni che non sano costantemente deficitarie.
Per rendere possibile un osservazione sull’ evoluzione, che non si basi solo sui ricordi di aver vissuto situazioni peggiori dell’attuale, é necessario oggettivare le valutazioni conservando e confrontando le successive autovalutazioni.
Allora perché non adottare, in situazione di differenziazione della matematica, la stessa griglia degli argomenti, una colorazione che dal tutto o niente (riuscito-non riuscito) aggiunga il possibile al non possibile? Perché non formalizzare altrettanto visivamente questo momento di valutazione?
Questa non é stata adottata regolarmente. Solo in due casi, e si é rivelata interessante sotto vari aspetti: sia cognitivi che affettivi.
Questa “semaforizzazione” consiste nella colorazione verde, gialla, blu ,di tutte le caselline di tutti i livelli di tutti gli argomenti: verde vale per “penso di aver capito e di potere riuscire”, gialla vale per “ci capisco solo qualche cosa”, rossa vale per “non ci capisco niente”. Questa colorazione anticipa le possibili difficoltà che il bambino può credere di avere. Ha il pregio di limitare il campo delle scelte e rinvia a tempi futuri l’ impatto con argomenti sconosciuti o quasi, o troppo difficili. Esse deve essere fatta a periodi regolari, diciamo di tre mesi in tre mesi.
Questa semaforizzazione porta alle scoperte seguenti:
• limitano ulteriormente il campo delle scelte e danno un sguardo soggettivo della scala delle difficoltà;
• argomenti che erano di colore giallo o rosso diventano rispettivamente verdi o gialli senza essere stati affrontati. Il bambino vede come queste ripartizioni si modificano senza intervenire. In particolare scopre come gli argomenti “rossi” diminuiscono senza l’ intervento di nessuno. Ciò diminuisce la dose d’ ansia rispetto tutto lo sconosciuto che viene così ad essere integrato in un processo di costruzione indipendente;
• mette l’ accento su acquisizioni particolarmente ostiche, permettendone il rinvio a tempi futuri.
Noterelle finali
Questi tipi di attività hanno permesso al sottoscritto e ai bambini di constatare l’ evoluzione reale delle acquisizioni e programmare le attività scolastiche in maniera costante e proficua. Non ci sono stati periodi particolarmente infecondi.
Rimangono aperti comunque altri problemi. In particolare:
si manifesta anche qui l’ eccessiva pressione delle fine anno scolastico. Forse ancor più con il sistema della colorazione adottato nel classatore. Il rischio é di vedere tornare la coazione a colorare, man mano che ci si avvicina alla fine anno scolastico, di rendere smisuratamente routinario il progetto di lavoro (diventa un mero elenco di esercizi da svolgere);
dunque permettere un ritmo di lavoro individualizzato oltre che l’ itinerario. Quest’ ultimo arrischia di rendere ancor più frustrante lo scacco in quanto non é più mascherabile all’ interno di acquisizioni vaghe;
il problema della permanenza delle nozioni, concetti, procedure acquisite.
(Un altro aspetto da valutare, ma qui non ne é la sede, é legato alla continuità del progetto tra una classe e la seguente.)
bibliografia per la prima parte
J. Piaget, L’ équilibration des structures cognitives, PUF, 1975
J, Piaget, Recherches sur l’ abstraction réfléchissante, 2 voll., PUF, 1977