Le capacità d’astrazione, così come quelle di simbolizzazione non sono date una volta per tutte, anch’esse fanno parte di un quadro evolutivo.
Nel presente testo sono riportati 3 differenti contributi del sottoscritto, relativi all’importanza dell’astrazione, della simbolizzazione e delle sue realizzazioni concrete per le attività, e nelle attività, aritmetiche. A un testo piuttosto teorico seguono due proposte di lavoro.
Tutto ciò deve essere considerato alla stregua di riflessioni che, sicuramente, andrebbero elaborate più approfonditamente.
Deficit di simbolizzazione e operatività numerica
I concetti matematici derivano evidentemente, come anche Piaget ci insegna, non tanto dal materiale impiegato, quanto dall’apprezzamento del significato delle operazioni realizzate.
Anche se la percezione facilita o ostacola l’acquisizione, non è la figurazione stessa e solamente essa che favorisce lo sviluppo – che nel caso affermativo ci permetterebbe un insegnamento basato unicamente su dati percettivi. È la comprensione dell’operazione effettuata che è strumentale allo sviluppo cognitivo, operatorio e quindi logico-matematico.
I concetti logici precedono quelli matematici: si perviene a questi manipolando oggetti. Ma non é dall’oggetto che estrapoliamo il concetto. È dalla manipolazione o meglio dalla trasformazione/manipolazione degli oggetti che lo estrapoliamo. Ciò vuol per esempio dire che per una classificazione realizzeremo vari gruppi con oggetti differenti, però con una uguaglianza tra le quantità, o tramite una corrispondenza termine a termine.
Primo passo da affrontare e superare nel “lavoro aritmetico” è quindi l’acquisizione di un corretto concetto di numero.
Un cerchio vizioso
L’aspetto percettivo, o il contenuto su quale il soggetto lavora, non è comunque inutile. Anzi esso può aiutare e facilitare (ma vedremo che lo può anche complicare quando le modificazioni non sono agite dal soggetto)un compito previsto. L’utilizzazione di un tipo di materiale che presenta una particolare raffigurazione può aiutare a rappresentare i numeri.
Se, in effetti, le prime collezioni effettuate dal bambino sono figurali, cioè tendono a riproporre schemi, oggetti, immagini a lui familiari, ciò non é senza significato; il bambino ha sempre bisogno di questa familiarità. La crea quando é lui il soggetto, ne abbisogna quando é agito (e come le prime collezioni figurali così abbiamo delle prime rappresentazioni soggettive …).
Addirittura per alcuni bambini si ha l’impressione che non si possa mai superare la fase di una corrispondenza diretta univoca tra una quantità e una sua rappresentazione.
Così, ad esempio, l’idea di decina viene sempre a destrutturarsi perché una operazione su di essa (del tipo 14 + 7) implicando una ricostruzione percettiva e/o manipolatoria di due decine e 3 unità, frantuma la percezione preventiva di due quantità che possono essere continuamente raffigurate in modi differenti. Tutto succede come se, ogni volta per questi bambini, una raffigurazione debba essere “La raffigurazione tipo”. E’ un problema di identità: cosa é quella cosa che continuamente può essere rappresentata in altre maniere e mai cambia?
Fissandosi su un’ idea statica di una rappresentazione elettiva del numero questi bambini non possono mai cogliere le sue continue variazioni e modificazioni (ad es. 7 = 2+2+2+1 = 3+2+2 = EEE + EE. + ecc … E’ terribile.
Due sono gli spetti “deficitari”.
In primo luogo, ma non necessariamente in primo tempo, questi bambini lavorano sulle percezioni e non sul concetto. Il numero é reificato in una scrittura e il bambino considera che la scrittura é il numero.
In secondo luogo vediamo che questi bambini difficilmente riescono a modificare le proprie configurazioni perché per loro cambia ,in qualche maniera, l’identità stessa del materiale e della sua configurazione (ad es. una cosiddetta classe figurale).
Allora si potrebbe dire: certo, succede così perché questi bambini lavorano solo su dati percettivi e fino a che lavoreranno su dati percettivi non potranno accedere a una conoscenza realmente operatoria del numero. Tutto ciò é vero, ma rischiamo di correre su un filo vizioso fino a che non riusciremo a dare una lettura di tali difficoltà anche come un blocco relativo alla costruzione di immagini mentali.
La fissazione su una configurazione tipo interferisce con la trasformazione del reale:
– perché impedisce la costruzione di permanenze che non siano percettive (e qui abbiamo a che fare con le capacità d’astrazione);
– perché “costruita” una immagine dell’oggetto (materiale), vale a dire data una identità a un oggetto questa non può più essere modificata. Nel caso contrario, se l’immagine dell’oggetto (che potremmo chiamare pseudo-identità) é modificata, é la stessa identità dell’oggetto a frantumarsi;
– ogni nuova configurazione cozza con le precedenti, e con la configurazione tipo, ogni qualvolta queste rammentate.
In assenza di permanenza il ricordo stesso dell’azione effettuata cade e con esso quindi ogni confronto retroattivo.
Così si spiega la lentezza esasperante di questi bambini. O perché imparano pochi calcoli a memoria e devono calcolare tutto uno a uno. O perché quando totalmente sfiduciati rispondono a caso. Devono sempre riuscire a familiarizzarsi un materiale che sfugge continuamente e che assume sempre nuove “facce”, riconducendolo a collezioni figurali.
Ma si spiega anche l’incapacità profonda a riflettere sulle proprie operazioni, nel descrivere le proprie operazioni, il proprio modo di funzionare, ecc … la metacognizione é praticamente assente, e come potrebbe essere altrimenti se mancano immagini mentali? La riflessione non é mai effettuata su una regola ma solo su ogni singolo item (ad esempio il bambino non sa estrapolare delle regolarità fra calcoli simili).
E’ vero che l’assenza di operatività é da imputarsi a deficit dell’organizzazione logica, ma un bambino non può costruire nulla sino a che é costretto a basarsi solo sulle apparenze percettive. La boucle est bouclée …
Il problema a sapere
Attraverso il periodo senso-motorio nasce la rappresentazione. La crescita é un lungo processo, le condotte, nuove!, che si manifestano e si sviluppano sono: l’imitazione differita, il gioco simbolico, il disegno, l’immagine mentale. Esse sono tutte forme del pensiero simbolico e riposano sull’imitazione (in termini piagetiani).
Nell’analisi dei deficit bisogna quindi insistere e vegliare su quale dei singoli processi di formazione delle differenti forme del pensiero semiotico si presentano delle difficoltà. La distinzione é necessaria in quanto possono insorgere significati di differente natura per la spiegazione della genesi dei deficit di cui sarà questione (distinguere quello che é operatorio da quello che é figurativo – osservarne i legami e scoprire quali componenti operatorie risiedono nella figurazione e viceversa – , ma anche distinguere quello che é cognitivo e razionale da quello che é dinamico e affettivo).
E’ probabilmente a questo livello che dobbiamo muoverci.
Le nozioni logiche possono evidentemente soffrire dell’esistenza di un deficit a livello della costituzione delle prime significazioni e dei deficit d’evocazione (anticipazione). In questo caso bisogna vedere se le relazioni tra significato e significante si elaborano normalmente (ipotesi: queste non si elaborano perché, qualche da parte, c’é un deficit nella funzione simbolica!).
In caso affermativo possiamo avere un quadro dove le difficoltà sul piano simbolico si manifestano nelle attività costruttive: provando delle grandi difficoltà a evocare lo svolgimento d’un insieme di trasformazioni il bambino può provare a sormontare le proprie difficoltà d’anticipazione col mezzo di manipolazioni eccessive e non sempre adeguate. Ad esempio l’iterazione, non di unità, ma di micro quantità 2+2+2+2+1 eccÖ in calcolo tipo 28 + 37).
Rimangono aperte molte questioni:
– le difficoltà rappresentative, o della cosiddetta funzione simbolica sono da ricercare a livello d’immagine mentale, non tanto imitatrice, quanto in anticipazione e evocazione? Quindi nella possibilità di archiviazione delle immagini e dei risultati di operazioni a corto e a lungo termine e nella conseguente capacità riproduttrice delle esperienze vissute? oppure é già deficitaria l’immagine imitatrice (la copia)? Capire da dove deriva una difficoltà così elettiva, vale a dire interrogare il piano della simbolizzazione, del suo sviluppo e delle sue patologie, permette di sviluppare un intervento che permette anche una crescita logica?;
– valutare i legami tra capacità d’astrazione e rappresentazione; tra sviluppo delle capacità rappresentative e capacità d’astrazione e la loro inter-relazione;
checchè ne siaÖ queste righe vogliono portare l’attenzione sulla simbolizzazione, sull’astrazione e l’astrazione, come capacità da costruire. Troppe volte non ci avvediano delle rappresentazioni spontanee e delle contraddizioni che nascono tra queste e le attivite attività logiche che richiediamo ai bambini. Scopo di queste righe é riportare un poco l’attenzione su questo passaggio cruciale. Dovremmo essere molto più attenti alla nostra lettura delle rappresentazioni dei bambini.
2) “Codice segreto”: prima attività
L’attività parte dalla constatazione seguente: se per scrivere le parole ci sono le lettere, per scrivere i numeri ci sono le cifre.
1) Questa prima condizione non é assolutamente evidente per i bambini. Già di solito non sanno distinguere numeri da cifre, come non conoscono nemmeno probabilmente i significati corrispondenti.
Per i bambini la differenza fra lettera e parola é più chiara, anche se non sanno usare correttamente le terminologie corrispondenti, perché la parola fa capo a un significato. La composizione di più segni grafici (lettere) dà un preciso significante, con un significato. E’ proprio questa relazione diretta che manca al numero.
2) Se é vero che il numero “15” deve rimandare a una sua raffigurazione interiore, così come la parola “cane” rimanda alla sua immagine, la prima é una relazione più astratta e che psicologicamente parlando non fa parte di un piano esperienziale. Quando diciamo “15”, il bambino quali esperienze ha per dargli una immagine decontestualizzata da una sua esperienza, ma generalizzabile in nuove contestualizzazioni? Questa difficoltà non é così presente nel linguaggio.
Ci situiamo dunque sul piano delle rappresentazioni, della loro costruzione, del loro accesso. Di una relazione oggettuale. Che relazione ho io con il cane, il gatto, l’elefantino, il n° 15, ecc …
3) Le rappresentazioni del numero rischiano allora di avvicinare, nel tentativo del bambino di ricostruire una familiarità, delle configurazioni o delle raffigurazioni esclusive: ogni numero avrà una simbologia nuova … in una sorta di reificazione.
4) Il sistema numerico, in base 10, con il suo sistema di notazione é una conquista relativamente recente nella storia della matematica.
Questo sistema e la sua scoperta di solito vengono esercitati in maniere diverse nel tentativo di farne scoprire le regole al bambino. Ciò che viene meno esercitato é la sua traduzione simbolica.
E’ attraverso questa traduzione simbolica si pongono al bambino inaspettati ostacoli e contraddizioni interne, rispetto le proprie ipotesi e rispetto la propria teoria della numerazione.
L’esercizio consiste nella creazione di un codice numerico segreto, in base 10, che permetta la compilazione di schede di calcolo (segrete). L’esercizio comincia con l’invenzione di un sistema di notazione e si conclude con la compilazione di schede di calcolo per i compagni. All’inizio si chiede dunque al bambino di inventare dei nuovi simboli. La durata dell’itinerario non é prevedibile. Dipende dalle capacità logiche, dalle strategie e i ritmi d’apprendimento del bambino.
Qui a lato vediamo una realizzazione di un bambino di 4a classe elementare. (Detto per inciso, questa attività é proponibile molto precocemente, visto e considerato che il suo interesse non deve essere rivolto forzatamente a un a corretta soluzione, ma alla sua euristica!)
Osservazioni
1) il bambino non ha scritto lo “0”. Per lui il numero più piccolo éil numero 1.
2) il bambino, spontaneamente, avrebbe continuato a scrivere all’infinito. Alla domanda “come faccio a scrivere il 48” risponde: “devo andare in avanti”, senza che gli venga un minimo dubbio sulla correttezza del proprio modo di procedere.
In certi casi tale strategia é così fossilizzata che alla domanda “come faccio a scrivere il 300” il bambino dice che “bisogna andare avanti, ma mi dai degli altri fogli”!
3) Nel caso particolare, il bambino inventa grafie che rispecchiano la grafia convenzionale. Ciò é un ulteriore segno della sua incapacità a considerare i simboli per quello che sono.
4) E’ possibile portare il bambino a giuste considerazioni chiedendogli di scrivere subito un numero, es. il 68, saltando il processo iterativo. Quand’esso inventerà una ulteriore grafia gli diremo “ma guarda il 6 l’hai già fatto così”. Non é detto che accetterà la nostra suggestione, come non é detto che ne capisca tutte le ragioni pur accettando la nostra suggestione.
Considerazioni.
Non é una grande considerazione dire che una risposta come quella riportata é segno di non comprensione del sistema di notazione e nemmeno del sistema concettuale vero e proprio. Vediamo solo due ipotesi.
1) Il bambino lavora solamente sulle grafie. I numeri sono delle “cose” con delle rappresentazioni ben precise. Il bambino “lavora” su queste rappresentazioni reificate. Questo la dice lunga su come la necessità percettiva e manipolatoria sia ancora di gran lunga dominante. La modificazione di una configurazione comporta automaticamente la perdita della sua identità (vedi il mio documento “Deficit di simbolizzazione e operatività numerica: una proposta di lavoro”, Locarno 1995).
2) Si capisce perché in questi casi i bambini sono in grado di calcolare senza passaggio di decina o centinaia, ma non con il passaggio. Oltre alla difficoltà logica di realizzare il passaggio (decina-centinaia) c’è una difficoltà di tipo “percettivo-manipolatorio”.
Con il materiale in base, quando al 586 il bambino toglie ad esempio il 245, può togliere blocchetti (centinaia), stanghette (decine) o cubetti (unità) senza dover trasformare la configurazione. Opera per semplici spostamenti di oggetti, fondamentalmente per giustapposizioni. Quando deve fare un calcolo con passaggio, ad esempio 586 – 288 deve trasformare il materiale; deve trasformare per esempio una centinaia in dieci decine, matematicamente la stessa cosa, ma psicologicamente, percettivamente e oggettualmente una cosa ben differente! Ci si pone dunque sul piano delle collezioni figurali e della permanenza (Piaget) come dell’identità di un oggetto (vedi ancora il mio documento già citato).
3) Qual’é la relazione d’oggetto che il bambino può fare con un numero? con il 15, il 7, o altro? Rispetto un animale (cane), un oggetto (casa), la relazione oggettuale é evidente. Rimanda all’esperienza del bambino alla sua idea del cane o della casa. Ma quale esperienza può fare rispetto un numero? Generalizzando, e cambiando livello d’analisi, la domanda viene a porsi tale quale rispetto i sistemi simbolici della scrittura e della numerazione. Se il primo rimanda a un sistema di organizzazione e definizione di significanti, il secondo, nell’esperienza del bambino, a cosa rimanda?
Generalmente, i contenuti linguistici nelle attività di trattamento delle difficoltà
d’apprendimento della letto-scrittura nel bambino fanno riferimento ad un universo linguistico in qualche maniera significativo. Nell’aritmetica dove trovare un legame esperienziale? Non di certo nella (sola) utilizzazione di materiali didattici quali il materiale in base 10, cuisnaire, o altri materiali, … che comunque sono artificiali.
E’ tale enigma che sta alla base delle difficoltà rappresentative.
4) In numero é talmente reificato, che ne diventa la sua grafia, il numero é la grafia! Così si può capire perché questo bambino, nella re-invenzione di una suo sistema di notazione, non si distanzia da quello convenzionale e tende a riproporlo, avvicinandosi a quello, nei suoi arabeschi.
3) Il trasloco (le isole): seconda attività
Premessa
Questa del “trasloco” é una fra le varie proposte che il sottoscritto vorrebbe denominare “I problemi del LEGO” …
L’idea che percorre “Il trasloco” é quella di creare una serie di problemi che soddisfino le condizioni seguenti:
1) mettere in gioco motivazioni forti, attraverso l’uso di materiali seducenti;
2) prima che essere matematici devono essere logici, nel senso che possano mettere in gioco ragionamenti di tipo qualitativo prima delle regolazioni aritmetiche;
3) favorire una elaborazione anticipatoria (della soluzione), attraverso una fase di elaborazione e rappresentazione antecedenti alla manipolazione (al passaggio all’atto), dunque volentieri devono realizzarsi a livello della loro rappresentazione o simbolizzazione grafica;
4) permettere l’elaborazione del problema eliminando la coazione a eseguire immediatamente una operazione.
E’ notorio che alcuni bambini, specie quelli seguiti dal SSP, sovente si bloccano, dopo lo scacco della prima strategia, o al primo tentativo di soluzione costruito. Oltre a una evidente incapacità di gestione dello scacco, c’è l’incapacità di gestione dell’ansia nell’elaborazione di soluzioni. Come mai devono dare la prima soluzione che gli passa per la mente? Come leggere invece quel procedere per tentativi che viene sanzionato negativamente dalla fretta di giungere alla fine? E’ fondamentale dare tempo per permettere l’evoluzione di una strategia, di modificarla, affinarla, ecc. senza pretendere immediatamente una risposta conclusiva.
Introduzione (un po’ di teoria)
La situazione detta “Les îles” é stata proposta e studiata da J. Piaget nelle sue ricerche sulla genesi delle conoscenze geometriche del bambino. In essa sono valutati i concetti quali: la partizione e la quantità metrica. Essa concerne inoltre la conservazione, la geometria metrica, la misura, il concetto di unità e il volume.
Ecco in breve di cosa si tratta (tratto da: Centre pour la recherche et l’innovation dans l’eseignement, Inventaires piagetiens, Les expériences de Jean Piaget, Paris, OCDE, 1977).
“L’expérimentateur présente a l’enfant un plot modèle 3x3x4 cm. (3×3=base), un grand carton bleu (= lac ou mer) sur lequel sont collées des surfaces (= îles) de bases différentes: 2×2 cm., 2×3 cm., lx2 cm., lxl cm., ou 3x4cm. Un certain nombre de cubes de lcm3. L’expérimentateur demande à l’enfant de construire, sur une autre île (2×2 ou 2×3…) une nouvelle maison ou il y ait exactement “autant de place” que dans le modèle. Il explique la notion “autant de place”; qu’on peut construire seulement sur le terrain de l’île sans déborder sur l’eau. Il laisse les constructions successives à la disposition de l’enfant. L’enfant, éventuellement avec l’aide de l’experi.mentateur, reconstitue le plot modèle (36 cm3). Puis, avec les mêmes plots, l’expérimentateur effectue de nouvelles constructions de bases différentes. Il demande chaque fois s’il y a la même chose, plus ou moins de place dans la maison qu’il vient de construire que dans la précédente et si l’on peut refaire avec les plots une maison pareille au modèle”.
Stadi di sviluppo:
“Niveau 1 (jusqu’à 4-5 ans). Les techniques sont inaccessibles a l’enfant.
Niveau 2 (5-7 ans). L’enfant évalue deux volumes en fonction d’un point de vue unidimensionnel: en général, c’est la hauteur qui prime. Sur n’importe quelle base, l’enfant construit, pour égaler le volume modèle, une maison de même hauteur que le modèle.
Reconstruction d’un volume modèle: L’enfant couvre le modèle de petits plots.
Niveau 3 (5-7 ans). Sur des bases plus étroites, l’enfant construit légèrement plus de 2 ou 3 cubes-unités.
Reconstruction d’un volume: L’enfant procède par approximation successives.
Comparaison entre volumes: L’enfant commence a mettre en relation les rapports dimensionnels, Cella-là est grosse, Celle-la est longue” … “c’est plus mince et plus large”, etc.
Niveau 4 (7-8 ans). L’enfant met en relation deux dimensions et ajuste progressivement la troisiémme en procédant par multiplication logique. Reconstruction d’un volume: L’enfant reconstruit correctement la hauteur et la largeur, il ajuste progressivement la profondeur.
Comparaison entre volumes: Ou bien l’enfant utilise une commune mesure qualitative (simple transitivité sans iteration de l’unité) ou bien il procède par déplacement mental (compensation par multiplications logiques).
Niveau 5 (7-10 ans ) . Début de mesure: Ou bien l’enfant décompose et recompose la maison au moyen des cubes-unités; ou bien il conçoit le volume comme une addition de surfaces. (Il réussit seulement quand il s’agit de doubler une dimension)).
Reconstruction d’un volume: L’enfant reconstruit la maison au moyen de plots équivalents.
Conduite residuelle: Il construit encore des volumes par enveloppement.
Niveau 6 (11-12 ans). Pour déterminer 1e volume, l’enfant multiplie soit hauteur x profondeur x une des surfaces latérales; soit hauteur x largeur x surface de dessus.
Niveau 7 (10-13 ans). L’enfant met en relation le volume intérieur avec ses frontières, le passage entre les deux étant assure par une multiplication mathématique”.
Il volume prima é logico, poi diventa matematico.
La nozione di volume studiata, benché sia parallela, dal punto di vista geometrico alla nozione di superficie, corrisponde più direttamente alla struttura fisica degli oggetti.
Si distinguono 2 tipi di invarianti: la conservazione della quantità ma anche la conservazione del volume fisico, in quanto posto occupato. La conservazione della quantità è di natura qualitativa e non implica che la materia non cambiata si contrai o si dilati. I bambini che la conservano non necessariamente credono che il volume resti invariato (esso, considerano questi bambini, può dilatarsi o contrarsi). Contrariamente la conservazione del volume, in quanto posto occupato, suppone la messa in relazione dell’oggetto con quelli che lo circondano. Quindi la costruzione d’un continuo spaziale reso metrico tramite una rete moltiplicativa tridimensionale .
In questa prova si possono osservare molte cose:
– come il bambino organizza il suo piano di lavoro (se é a suo agio nel modificare le proprie strategie oppure no);
– tenuto conto della sua età, se il bambino fa esercizio di mobilità mentale (oppure no, nel senso che da più tipi di risposte o rimane fissato a una risposta rigida);
– quando la fatica ha il sopravvento (sino a quando il bambino porta avanti la prova o dimissiona dal compito);
– quanto supporto concreto necessita (nelle sue previsioni deve manipolare materiale, oppure può elaborare prima mentalmente delle soluzioni).
Se le modificazioni delle strategie vengono puntualmente registrate, assistiamo a una progressiva regolazione di “progetti” consecutivi, correlativamente di rappresentazioni.
E’ certo che le implicazioni pedagogiche sono moltissime.
1) la situazione concreta proposta: il trasloco
Non si tratta di ripetere esattamente la stessa esperienza delle isole. Piuttosto con il materiale LEGO o DUPLO vogliamo creare una situazione che permetta, data la sua familiarità, una evoluzione di proposte o strategie, che dal logico, o qualitativo, possa arrivare a strategie matematiche, o quantitative.
La situazione é stata proposta in terza elementare, i bambini di questa età possono riuscire nell’impresa generalmente solo attraverso aggiustamenti progressivi.
Al bambino, o alla classe viene presentato il problema con la consegna seguente:
Il trasloco.
Facciamo finta di essere su di un isola.Su questa isola c’è un casone un po’ vecchio.Cosa succede?Si deve aiutare gli abitanti del casone a costruire una casa nuova, sull’isola nera.Fate attenzione però. La nuova casa deve avere lo stesso numero di appartamenti della vecchia casa; non deve essere più piccola e nemmeno più grande.Ci devono stare tutti gli abitanti che devono ricevere la stessa cosa di spazio.Allora secondo te come sarà alta la nuova casa?Scrivi le tue scoperte e poi consegnami i tuoi risultati.
Il materiale é composto da 280 elementi DUPLO di 4 colori da 2X4 suddivisi equamente. Due cartoni sul quale sono riprodotte le “isole”. La casa base é alta sei piani ed ha la base composta da 8 elementi, per un totale quindi di 48 pezzi.
Il bambino non può assolutamente smontarla, può manipolarla a suo piacimento.
La prima parte dell’esercizio consiste nell’anticipazione. Il bambino deve descrivere le sue strategie: “come faccio a scoprire il risultato?”, “cosa posso fare per scoprirlo?”, “quanti piani é alta la casa?”, in breve deve descrivere le sue scoperte. Il tempo minimo di elaborazione deve essere di una settimana, con momenti successivi di redazione delle proprie ipotesi. Solo così permettiamo delle evoluzioni spontanee e una fase di progettazione e aggiustamenti soggettivi nell’elaborazione delle strategie.
La seconda parte é manipolatoria. Il bambino può avere accesso allo scatolone del materiale e provare a costruire le case secondo le sue idee.
Nella terza parte il bambino proverà a realizzare le case contrassegnate con i numeri 3, 4 e 5 sul 2° disegno con le basi corrispondenti all’indicazione. Questa fase non prevede più anticipazioni e può essere anche svolta in gruppo d’argomentazione.
2) gli elementi in gioco nella situazione proposta
Gli elementi cognitivi messi in gioco sono molti. Questo indipendentemente dal fatto che il gruppo di bambini trovi la soluzione esatta (ma non é questo il solo e principale scopo degli apprendimenti).
Vediamo rapidamente di cosa si tratta, senza entrare analiticamente in merito.
L’esercizio mette in relazione singolarmente o cumulativamente gli elementi seguenti:
– la capacità algoritmiche additive e moltiplicative, calcolo per unità iterate, additivo o moltiplicativo;
– la capacità di rappresentazione e simbolizzazione;
– le strutture logico-elementari;
– le strutture logico-aritmetiche;
– la padronanza dello spazio;
– la capacità di progettare (e verificare) delle strategie;
– la capacità d’anticipazione, in una corrispondenza tra effetti anticipati e valutazione delle probabilità di riuscita (“é giusta la mia idea”, “é probabile ciò che immagino”, “può essere veramente così”?);
– la capacità di modificare la strategia;
ecc …
Il passaggio alla seconda parte, quella manipolatoria, deve essere temporalmente differita per permettere tempo sufficiente alla mentalizzazione. Altrimenti, il passaggio all’atto arrischia di annientare ogni tipo di progettazione e ragionamento. Queste sono sicuramente alcune delle caratteristiche dei bambini deboli: rinunciare alla riflessione, verificare immediatamente l’ipotesi pensata, il bloccarsi davanti alla mancata conferma della propria idea. L’insicurezza della gestione mentale, propria dei modi secondari di funzionamento (l’ansia di non sapere, di non potere sapere come fare, eccÖ) sono altrettanti aspetti che frenano la “progettazione”. Tanto vale, allora, bloccare formalmente questa variabile, dando tempo. Solo così permettiamo di uscire dalla percezione dell’immediatezza, del tutto e subito, della velocità di risposta e di acquisizione, che i bambini deboli hanno rispetto il compito o rispetto i loro compagni più maturi. Ma pure, naturalmente, se parliamo di anticipazione e di verifica delle proprie ipotesi dobbiamo dare tempo per farlo, indipendentemente dalle singole difficoltà. Allora diamo spazio e diamo tempo a questa insicurezza!
Questo é fondamentale, come fondamentale sarà la verifica delle ipotesi tramite la manipolazione reale della situazione. In genere i bambini di questa età difficilmente troveranno una soluzione. Ma questo non é lo scopo. La troveranno magari però se messi in gruppo e interagendo argomentando sulle proprie ipotesi. In particolare la moltiplicazione delle situazioni proposte (vedi il 2° disegno) mette in gioco strategie contraddittorie e la ricerca di una procedura unitaria, valevole per ogni “blocco”. Questo, ripeto, senza portare realmente alla soluzione.
Una realizzazione pratica
Vediamo alcune elaborazioni
Come sarà alto? Sarà alto il doppio, perché la casetta ha 6 piani su ogni piano ci sono 2 pezzi di lego che non ci stanno nell’isola nera, si restringe di un pezzo e ci sta.
11 x 2= 22 ho fatto questo calcolo per vedere quanto é alta la casa di stessi appartamenti e questo é tutto.
Più stretto però più alto. Una riga via e poi é uguale.
L’isola nera é più piccola e basta misurare la parte verticale (immaginando di spezzarla) finché ci sta dentro.
Il muro che hai spezzato lo metti sopra e allora ci sono 8 piani. Ho contato i cubetti in verticale e orizzontale. E visto che l’isola nera é più stretta la casa deve essere più alta. la casa ha 6X8 = 48 appartamenti.
L’isola nera é più piccola devi fare il doppio. 6×8= 48 piani.
La casa sarà alta 6 piani, 11 cm e 1 millilitro.
L’altezza é alta 8 pezzi.
Ho misurato sull’isola più piccola e avanzava di due pezzi, e allora ho capito da lì che doveva essere 8 piani. per me allora dovrà essere alta di un piano più dell’altra.
Bisogna aggiungere 15 cubetti sopra.
Deve essere alta 7 piani. Ho contato due piani di sotto e poi quelli sopra. 5+2= 7
Ecco alcuni modi di procedere:
1) riformulazione oggettiva o soggettivata del problema, senza nessuna elaborazione;
2) elaborazioni di soluzioni con proposte logiche o compensatorie;
3) tentativi aritmetici;
4) riuscite aritmetiche;
ciò che colpisce, in taluni casi, é l’assenza di controllo sulle proprie rappresentazioni. La risposta: “é alta 48 piani” nell’enormità del suo errore, dovrebbe, a nostro modo di vedere, rendere immediata la correzione (eppure non sempre e così).
La confusione tra numero di appartamenti e altezza é pure frequente. Ciò può essere logico tenendo conto che per scoprire l’altezza i bambini devono scoprire il numero di appartamenti.
Nelle regolazioni, tra progetto o rappresentazione e realizzazione concreta della casa osserviamo:
– costruzioni senza previsioni;
– costruzioni con controlli successivi (ed eventuali modifiche delle previsioni);
– costruzioni con controllo finale (in questo gruppo non ci sono solo riuscite aritmetiche. Questi sono bambini che constatano l’errore commesso solo alla fine e di solito non riescono a trovare altre soluzioni o devono ricominciare sempre da capo);
– previsioni indipendenti dalle scoperte fatte (ad esempio indipendente dalla scoperta che ogni piano ha un numero fisso invariabile di cubetti. Ci sono bambini che pur scoprendone il numero non sanno calcolarne il totale);
– nel controllo aritmetico scopriamo la conta iterata, additiva o moltiplicativa (chi conta i cubetti utilizzati ricorrendo al multiplo del piano, ad es. 4 – 8 – 12 – ecc …);
– la gestione delle contraddizioni tra previsione e realizzazione;
– i blocchi (mentali, affettivi) quando l’ipotesi non viene confermata (bambini fragili che di fronte l’evidenza non sanno che altro fare);
– ecc …
L’interesse del bambino per questo tipo di situazione é molto forte. Ma anche l’interesse del docente non é da meno. Se utilizzata clinicamente può portare moltissimo. A questo proposito un protocollo o un video illustrerebbero molto bene il tutto.
In seguito … si può sempre modificare la situazione (complicandone le condizioni). Mantenendo la consegna e dimensione del “blocco casa” originale, invece di consegnare i cubetti di 2 X4 consegneremo cubetti dal valore 2 X 2 oppure 2 X 3!
Bibliografia essenziale
B. Mari. Barth, L’apprentissage de l’abstraction, méthodes pour une meilleure réussite de l’école, Paris, Retz, 1987
C. Bastien, Schèmes et stratégies dans l’action cognitive de l’enfant, Paris, PUF, 1987
Centre pour la recherche et l’innovation dans l’eseignement, Inventaires piagetiens, Les expériences de Jean Piaget, Paris, OCDE, 1977
J. Piaget, B. Inhelder, A. Szeminska, La géometrie spontanée de l’enfant, Paris. P.U.F. 1948.
J.Piaget. B. Inhelder, La genèse des structures logiques élémentaires, Neuchâtel-Paris, Delachaux et Niestlé, 1980