Sono necessarie le bandiere (rosse, nere, arcobaleno, ecc.) per rivendicare il valore dʼuso?
In questi giorni molti osservatori degli ultimi disordini giovanili zurighesi (esperti o semplici cittadini) si chiedono come mai dei gruppi di giovani si ritrovano lì, il sabato sera, per spaccare vetrine, vandalizzare qualche strada e quantʼaltro.
Ci si chiede, si chiedono, questi osservatori, come mai succedono queste cose. Come é possibile, perché? Si cercano delle spiegazioni. Ci si interroga su quale disagio sociale o clinico questi giovani portano su di sé per sfogarsi in quella maniera. E allora si dà il via ai criteri psichiatrici – “sono malati”, “hanno avuto una gioventù disagiata”, le famiglie di origine hanno perso i “valori” – o criteri politici “sono gruppi eversivi” e quantʼaltro. Insomma si cercano elementi di spiegazione in qualche supposto criterio della devianza.
I 68ini, o gli ex autonomisti della Rote Fabrik sembrano volersi distanziare: “noi non eravamo come loro”, “noi rivendicavamo un ideale”. Eppure … sono necessarie le bandiere per giustificare un valore dʼuso?
Probabilmente, se a Zurigo ci fossero stati degli slogan sarebbero stati recuperati da una certa sinistra, che li ha tutti brevettati. Ma non essendo stato così, giunge la condanna senza concedere attenuanti: chiunque va oltre la manifestazione sindacale unitaria organizzata dalla sinistra “formale” commette un errore tecnico, immediatamente sanzionato …”noi non eravamo come loro”, “i giovani sono malati!”. Eʼ preferibile restare nei ranghi e diffondere il verbo del rivoluzionario professionista.
Noi non siamo dʼaccordo. Non siamo dʼaccordo che quella sia devianza. Non siamo nemmeno dellʼavviso che quella sia eversione.
Ci chiediamo invece quanto di ordinario, di normale ci sia in tutto ciò.
Si dice violento il fiume impetuoso che tutto travolge sul suo corso. Ma che dire del letto che lo accoglie? (Brecht, Me ti il libro delle svolte)
Insomma quanti appelli quotidiani e/o istigazioni al consumo subiamo ogni giorno, che ci spingono ad acquistare il più in fretta possibile un nuovo gadget.
Ci siamo mai interrogati sulla violenza insita nei messaggi pubblicitari, che spesso agiscono sul senso di colpa, non semplicemente sul desiderio. Alcuni esempi: dobbiamo comprare l’ultimo modello di automobile con otto airbag per proteggere i nostri cari, altrimenti siamo degli incoscienti, oppure dobbiamo comprare l’ultimo modello di cellulare o di scarpe della Nike per non essere emarginati (isolarci da una massa uniforme), perché dobbiamo appartenere ad una comunità … per quanto il termine comunità sia alquanto effimero.
E quante altre rappresentazioni della violenza (reale, ma al contempo virtuale) ci sono proposte quali modelli di socializzazione? Nell’era in cui il denaro, la sopraffazione e la crudeltà sono gli unici valori…
Pare che ci abbiano rubato l’immaginazione, senza il consumo quale unico momento di aggregazione le nostre vite appaiono per quello che sono, fatte di monotonia e di stordimento, di noia e disperazione.
Noi stiamo con il buon vecchio Adorno (Minima Moralia). Ciò che quei giovani rappresentano non é altro che la forma attuale (storica) del perfetto adattamento ai modelli societari, che fra le altre cose viaggia su due connaturate necessità del capitalismo industriale, postindustriale, finanziario o turbocapitalista, che sia:
– in primo luogo il consumo, fattosi consumismo,
– in secondo luogo la diffusione e la rappresentazione della violenza (in verità il diffondersi del mercato, del “libero scambio”, é sempre stato preceduto, accompagnato e seguito dalla violenza).
Questi giovani cercano il consumo (la festa) e lo rappresentano (violenza). Il massimo consumare violenza …
Cercano spazi per loro, dove poter festeggiare. Valore dʼuso, dunque. Come sempre.
Non possono poi rivendicare, meglio dire, AGIRE questo valore dʼuso del consumo, della festa?
Allora agiscono la sommossa.
Nellʼepoca della globalizzazione non ci sono più bandiere? Rimane sempre per la gioventù la spinta ad appropriarsi ed integrarsi a quanto la società propone loro. (Huxley).
Allora è questa la risposta. Questo il significato del civile senso moderno di appartenenza alla comunità:
la società dell’abbondanza trova la sua ovvia risposta nel saccheggio, ma non è abbondanza umana e naturale, bensì abbondanza delle merci.
Giovanni Galli
Christophe Bianchi