Prima testimonianza

Cosa dire di nostro figlio? Che a 2 anni e mezzo giocava con le rime, che a 3 contava fino oltre il 150 andata e ritorno allo zero? Oppure che ha una memoria (fotografica e uditiva) gigantesca (si faceva raccontare da cima a fondo il nome delle marche di tutte le automobiline in un catalogo di giochi per bambini e poi le memorizzava tutte), che a 4 anni leggeva, oppure che a 3 anni conosceva tutte le linee dei mezzi di trasposto pubblico della regione abbinando numero della linea con destinazione d’arrivo? Oppure che a cinque anni sapeva leggere l’orologio (analogico) e che a sei anni legge un libro al giorno (salvo leggerlo magari tre volte in un giorno)? Oppure che ha sempre avuto un linguaggio molto preciso, sia sul piano morfosintattico, sia lessicale, con un vocabolario molto largo?

Fino a quando risalire con queste osservazioni, e quanto darne?
Il QI riconosciuto supera il fatidico 130 (limite formale che definisce la plusdotazione), con un andamento regolare, superiore alla norma in ognuno delle 10 scale della prova Wechsler.
Alla scuola dell’infanzia cercava sempre la compagnia dei grandi, alla S.E. ha imparato ad annoiarsi, dice che tutto é molto noioso, ma ci va ancora volentieri. Dice che ripete sempre le solite cose. Cose più difficili, di un anno superiore per esempio, sono proibite, i maestri non vogliono.
Come non credere alla sua noia quando gestisce oralmente calcoli del tipo 47 per 8 (ma il docente se ne é accorto?). Oppure che a natale della 1a SE sapeva scrivere correttamente tutto, digrammi, dittonghi, suoni composti, uso dell’acca, accenti ecc … O che la docente dice che in Italiano “non ho più niente da insegnargli”.
Oppure quando arriva a casa a e dice “non si può fare la metà di 5 perché é un numero dispari ce lo ha detto il maestro”. Eppure poi subito dopo fa la metà di 135.
E noi genitori insegnargli che il docente ha inteso dare un lezione valevole a tutti i bimbi di seconda, che si occupano per il momento dei numeri naturali (quelli interi, maggiori di zero, e che più grande sentirà parlare dei numeri con la virgola, ma lui già li sa trattare …)


… deve quindi sempre mordere il freno.

I nostri errori:
per esempio quello di non rispondere a tutte le sue domande, alle sue esigenze …”perché poi a scuola si sarebbe annoiato”. Lo abbiamo frenato. Eppure …

“La nostra scuola non può fare niente per vostro figlio”, “se volete cercare delle soluzioni dovete cambiare scuola”, “se volete potete iscriverlo altrove”, “non faremo mai un intervento specifico per un allievo”, “potete chiedere un salto di classe (mettendoci in guardia sulla trafila per questa richiesta)”, questo quanto docenti e autorità hanno detto. Insomma ci vogliono mandare via. 
Oggi i docenti e autorità scolastiche ci dicono che non é possibile differenziare verso l’alto, che “trasversalizzare” questo si lo si può fare. Ma cosa significa questa parola dietro i funambolismi atti a mascherare i rifiuti appena affermati, quando ancora appena l’altro ieri i docenti dicevano – per rivalsa – che nostro figlio non era poi così dotato perché la scrittura non é curata sul piano estetico e il banco in disordine. 
Ebbene la scrittura é sempre poco curata e il banco é sempre più in disordine (vedi giudizi).

Eppoi siamo rimasti coinvolti dall’idea che ogni bambino deve adattarsi alla scuola, che ognuno deve fare uno sforzo di adattamento, che ogni allievo deve adattarsi, che l’adattamento e una delle dimensioni deboli dei bambini plusdotati. Che imbroglio e quale confusione psicopedagogica e quale moralismo con questo concetto di adattamento …
In verità nostro figlio iper adattato fa tutto quanto gli si chiede, non risponde male, é educato, paziente, sensibile, solidale con i più deboli, a parte il banco nulla i docenti hanno da ridire (manco si sono accorti del suo disagio). Fino a quando? Forse meglio sarebbe se, invece di esplodere quotidianamente con/contro le sorelle, la madre e il padre all’uscita della scuola alle 16 lo facesse in aula. Così invece di consolare noie e contenere noi le sue quotidiane frustrazioni, il suo quotidiano disagio e nervosismo crescente lo farebbero altri, magari un SMP o qualche pediatra … Direbbero poi che la colpa é dei genitori.
Questo il tenore dei messaggi di nostro figlio: “non posso fare la metà di 5”, “mi fanno fare i fogli DIMAT livello F di terza, ma sono come quelli che continuiamo a ripetere da mesi”, “ancora facciamo calcoli e schedine, ancora facciamo esercizi di ortografia” … . Molto francamente: nostro figlio in due anni di scuola oltre ad aver imparato ad annoiarsi, a mantenere l’autocontrollo lungo il lungo arco di tutta la giornata e non fare vedere il proprio tedio e la propria irrequietezza non ha imparato nulla!


Trasversalità: ci siamo riempiti le orecchie di questo termine che oggi docenti e autorità portano come nuova frontiera, appena l’altro ieri non si accorgevano nemmeno delle doti di nostro figlio. E nemmeno ci mostrano questa “trasversalità” sul programma. Ma che cosa é concretamente?
Per noi – oltre che essere una interessante ipotesi di ricerca psicopedagogica – é solamente una vuota parola per mascherare: la resistenza, l’ignoranza, il rifiuto della differenziazione verso l’alto e il non fare nulla di specifico per nostro figlio.


Un altro nostro errore? Quello di credere (ancora) che la scuola sappia/voglia lavorare con un bambino plusdotato, curioso, rapido negli apprendimenti, motivato, pieno di desiderio e di attese, che cerca modelli, che cerca maestri.
Cercare maestri: questo deve essere il fallimento di nostro figlio?
Che dirgli: che i maestri, con lui, non possono, non vogliono, non sanno essere tali?