Non vogliamo mica la luna … Magari un cavallo! Formazione: tra scuola pubblica e mercato del tempo libero

Premessa (sopra l’iceberg)

Quando Scuola ticinese [1], nel 2002, pubblicò i dati inerenti il ricorso alle lezioni private, da parte di allievi iscritti alle scuole medie pubbliche, tutto apparve rapidamente come la classica punta dell’iceberg [2].
Allora l’indagine rilevava che:
– il fenomeno del ricorso di lezioni private da parte di allievi che frequentano la scuola pubblica era in aumento;
– il 13,3% degli intervistati seguiva le lezioni private;
– le materie più gettonate erano quelle a livelli (quelle con il maggior numero di bocciature), matematica, francese, tedesco e poi inglese;
– contrariamente alle previsioni, erano i figli di ceto medio-alto i maggiori “beneficiari” di tali lezioni.
Uno studio condotto dalle scuole medie di Losone rilevava poi che il 10,9% di studenti “é stato confrontato con le lezioni private”, e che il 5,6% degli allievi ricorreva a lezioni private già ad ottobre [3].

I dati pubblicati nel 2005 (relativi l’anno scolastico 2003) mostrano per contro una leggera diminuzione della frequentazione di lezioni private. Tasso che si attesta su un, comunque, molto significativo 12% della popolazione scolastica. Ma, come indicano le autrici, la nuova indagine ha introdotto una più esplicita e restrittiva definizione di cosa possa essere considerata una lezione privata. Questa potrebbe quindi spiegare quello scarto.
Le autrici scrivono poi: “Pur tenendo conto di questa lieve differenza nella proporzione di allievi direttamente interessati da questo tipo di sostegno privato, riteniamo importante sottolineare come nei due studi si siano a grandi linee riconfermate alcune tendenze: in entrambe le sessioni, i soggetti ricorrono infatti a lezioni private per le materie a differenziazione curricolare, e in particolare per la matematica, anche se, nella maggior parte dei casi, possono vantare in queste stesse materie la sufficienza o addirittura una nota discreta. Inoltre, osserviamo nei due campioni una certa similitudine anche per quanto riguarda l’ambiente socioculturale di coloro che fanno capo ad un sostegno extra-scolastico, fra i quali figura una maggioranza di svizzeri, con l’italiano come lingua madre e i cui genitori dispongono di una formazione di livello terziario e svolgono ruoli professionali fra i quadri altamente specializzati [4]”.

Considerando vari altri terreni del disagio scolastico: quali la frequenza delle bocciature, la crescita delle segnalazioni ai servizi di sostegno pedagogico, l’alta percentuale (15%) dei quindicenni che hanno gravi difficoltà nella letto scrittura, ecc … questi dati sulle lezioni private nelle Sme vengono ad indicare come la scuola pubblica obbligatoria stia perdendo inesorabilmente la sua battaglia per la democratizzazione degli studi?

I dati relativi alle lezioni private indicano una realtà ancora poco conosciuta, eppur ancor meno oggetto di investigazioni: se, per ora, sappiamo che sono piuttosto i ceti medio alti a permettersi delle lezioni private, non conosciamo però la reale incidenza finanziaria nel budget familiare, di tale investimenti per la formazione dei figli.
Democratizzazione degli studi e accesso alla formazione non sono la tessa cosa. Ho già avuto modo di scrivere ed ipotizzare che se la scuola odierna per la maggior parte è pubblica, la struttura odierna della formazione della gioventù diventa oggi per lo più privata.
Questa dilatazione del privato comincia con le prime offerte per la prima infanzia, sino alle medie, lungo tutta la scolarità obbligatoria, sino alla formazione universitaria.

Ma cos’è questo iceberg?

La distinzione tra scuola e formazione è di fondamentale importanza. L’una non è sinonimo dell’altra. L’una, la prima, semmai è parte dell’altra. La distinzione è importante per includere nelle esigenze di socializzazione e di apprendimento dei ragazzi tutte quelle istanze educative che sono escluse dalla scuola pubblica. L’indistinzione fra le due è opera di grave rimozione.

In verità lo si ripete sovente e quindi quanto scrivo non é una novità.
La maggioranza degli apprendimenti si fa e si sviluppa al di fuori della scuola. Nelle attività del tempo libero: lezioni di musica, di sport, di arte, di lingua, ecc, ecc …teatro, cinema ecc, ecc …
Tutti gli specialisti ne convengono: oggi impariamo molte più cose fuori scuola che non dentro (a seconda delle opinioni dal 50% al 80%).
Oggi la realtà è infinitamente più ricca e stimolante di quella diciamo di 40 anni or sono: radio, cinema, TV satellitare, giornali, internet, ecc … bombardano il nostro quotidiano. Suonare uno strumento, andare a teatro o al cinema, recitare in un teatro, cantare in un coro, giocare a scacchi, esercitare una disciplina sportiva, realizzare un DVD, visitare un museo o andare per esposizioni … sono altrettanti momenti, altrettanti luoghi e altrettante occasioni formative. Far parte di una squadra permette di imparare qualcosa sul piano della collaborazione, delle relazioni … e anche della geografia quando si va in trasferta. Partecipare ad una recita rinforza l’individuo sul piano dell’espressività, della mimica, della memoria. L’acquisto di libri e di DVD rafforza le conoscenze enciclopediche, aprono delle porte sul mondo e sulle lingue, ecc …
Privati e società reggono le lezioni di musica, di sport, di teatro, ecc … 
Ecco perché è importante separare scuola e formazione.

Dimenticare questa distinzione significa non accorgersi che la scuola odierna da luogo di democratizzazione e/o di riscatto – dir che si voglia – diventa padrino dell’esclusione. E’ la stessa strutturazione del curricolo pubblico ad essere oggi del tutto anacronistica. E’ la stessa strutturazione degli studi che asseconda, assiste, accredita, stimola, eccita, l’imperio delle offerte private.
Altro che uguaglianza delle chances. La formazione è oggi un lucroso affare dominato dal privato e dove la scuola è presente solo in minima parte. E poi c’è chi vorrebbe ancora limitare la formazione di base …

Sotto l’iceberg

Insomma, l’errore è considerare formativo solo ciò che è scolastico.
Vogliamo quindi considerare i differenti tipo di accesso alle attività del cosiddetto tempo libero: attività teatrali, cinema, musica, biblioteche, sport, ecc … 
I piccoli amano il teatro? Vanno a vedere uno spettacolo o partecipano pure a un gruppo di recitazione? Preferiscono pitturare in un atelier espressivo? Hanno deciso di imparare a suonare uno strumento, che so la batteria, l’arpa o il piano forte, quali sono i costi dello strumento e delle lezioni? 
Amano ascoltare musica, navigare in internet, e così via?
Solo alcuni esempi fra mille altri … Chi ci va, quanto costano, quale tipo di attività frequentano, quante volte, ecc …

Diversi tipi di dati ci avvicinano alla comprensione di quanto investighiamo.

A) Un primo valido indicatore delle spese da sostenere possono essere gli annunci pubblicitari. In Ticino, in particolare, può essere utile la pubblicazione “Tandem-spicchi di vacanza”. Tra il vasto repertorio delle offerte ve ne sono alcune che ben alleggeriscono il portafoglio. Vi lascio il compito e l’arguzia di cercare.

B) Un ulteriore passo nella nostra ricerca può essere fatto volgendosi ai dati pubblicati dall’Ufficio federale di statistica:
– nel 2003 il reddito disponibile “dal quinto delle economie domestiche meno abbienti ammontava mediamente a 2342 fr., quello delle economie domestiche più agiate raggiungeva i 12’123 franchi mensili [5]”:
– una valutazione dettagliata delle spese dette “ricreative culturali” è disponibile con i dati relativi al 2000 [6]:

insieme
delle economie domestiche
fino a 29993000 – 39994000 – 49995000 – 59996000 – 69997000 – 79998000 – 89999000 – 999910000 e più
spese mensili
tempo libero e cultura512226242301336465451481485824
fra cui
apparecchiature audio, foto e informatiche80********139
Altre apparecchiature e articoli ricreativi1124263628284104109110179
Servizi sportivi, ricreativi e culturali1617580118105131162158163245
Edizione, stampa e cartoleria
844844606367769289122
Viaggi a forfait75********140


* numero d’iscrizioni insufficienti per poter pubblicare i dati.

quindi, tra redditi inferiori e superiori, abbiamo una variazione di 598 fr. mensili (7176 fr. annuali!);
– se, invece di considerare le classi di reddito, consideriamo i gruppi di spese (per alleggerire la presentazione riporto solo la posta globale):

insieme
delle economie domestiche
fino a 29993000 – 39994000 – 49995000 – 59996000 – 69997000 – 79998000 – 89999000 – 999910000 e più
spese mensili
tempo libero e cultura5121372062583224405005956321029

la variazione raggiunge addirittura 892 fr. mensili (10704 fr. annuali!).

Le indagini sul reddito e il consumo lasciano supporre una realtà che conferma quanto vado ipotizzando. In effetti globalmente i ceti bassi spendono meno per ogni posta, fermo restando che la spesa cresce aumentando il numero dei figli. Lapalissiano.
Scopriamo poi che il 70.97% delle economie svizzere spendono meno della media dell’insieme delle stesse, che oltre il 30% delle economie si situa nel quartile inferiore delle spese!
Il rapporto fra queste cifre ci dà quindi un primo, molto grezzo, indicatore delle differenze classiste in educazione. 
Rispetto a ciò che ricerchiamo, i dati presentati sono però solo indirettamente significativi. E per quanto ci concerne, le spese dette di “scuola e formazione” essendo soggette a forti variazioni non sono 
purtroppo utilizzabili.

C) Dei dati molto interessanti e che si avvicinano molto più alla nostra meta, seppur limitati al territorio ginevrino sono pubblicati dallo SRED di Ginevra [7].
La ricerca si articola sul controllo di:
– quali attività extra scolastiche seguono i ragazzi, quante attività, con quale frequenza settimanale e quando;
– le attività sono suddivise fra attività socio culturali offerte da associazioni strutturate, corsi (lingue, artistici, informatica, cucina …), sport, e altre (di tipo religioso e scautismo)
– questi dati sono poi ricercati secondo le variabili sesso, luogo di abitazione, età dei ragazzi, estrazione socio-culturale, nazionalità.
Ebbene qui troviamo conferma delle nostre ipotesi. Per il gruppo dei ragazzi di 4 – 6 anni si scopre che:
– il 61% di bambini partecipa almeno a un attività;
– i bambini di ceto medio partecipano a 1,3 attività differenti per settimana, i bimbi di ceto alto a 2.3 attività;
– nessun bambino di ceto alto partecipa ad attività socio-culturali, frequentate per lo più dai bimbi di estrazione bassa (“figli di operai”);
– la zona peri urbana é maggiormente coinvolta;
– fra le attività sportive il calcio è diviso fra ceto medio e basso.
Fra i ragazzi di 9-11 anni osserviamo che:
– il 91,8% partecipa ad almeno una attività;
– i ragazzi di estrazione alta hanno il maggior tasso di frequenza sull’insieme delle attività, in particolare nelle attività sportive e nei corsi;
– nel ceto basso gli sport più frequenti sono quelli squadra (calcio, palla canestro).

Purtroppo, nella grande quantità di dati presentati quelli legati alla origini socio-culturali sono poco dettagliati. In particolare nulla ci dicono sui costi sostenuti dalla famiglie e sui costi dei singoli corsi (la scherma piuttosto che il calcio ad esempio, oppure l’arpa piuttosto che la chitarra).

Quei dati nemmeno spiegano perché i figli degli immigrati giocano per lo più al pallone, mentre altri, vanno a cavallo o fanno della scherma. Questione di soldi, di ambizioni, di modelli culturali?
Certo la ricerca svolta a Ginevra ci dice già molte cose ed è una prima conferma.
Conoscere le spese famigliari per l’educazione dei figli nel tempo libero …
Incrociare poi queste spese con il salario dei genitori …
Il rapporto fra quei numeri diventerebbe l’indicatore statistico delle differenze classiste alle opportunità educative.

Formazione e struttura della scuola

C’è da chiedersi se la struttura della scuola abbia seguito l’evoluzione della società moderna, con le sue accelerazioni e trasformazioni sociali. Ricordiamo solamente le trasformazioni della famiglia (da quelle ricomposte a quelle monoparentali), la modifica dello statuto sociale della donna, l’immigrazione, la precarizzazione e flessibilizzazione del lavoro, l’avvento di un società dell’informazione … ma potremmo elencarne delle altre … sino alla creazione di un mercato del tempo libero, ma più in particolare di un mercato per l’infanzia (che sia di tipo enciclopedico, ludico, artistico o sportivo).
La struttura della scuola è incentrata ancora su un’idea ottocentesca del sapere e della sua trasmissione. Fondamentalmente leggere, scrivere, calcolare e qualche infarinatura enciclopedica scientifica.
In verità la struttura della formazione rimane prigioniera della attuale forma scolastica.
Per esprimersi più correttamente bisogna correggere la frase precedente. 
Per chi non dispone di sufficiente credito (finanziario), la struttura della formazione è prigioniera:
– delle politiche di razionalizzazione che considerano gli investimenti solo al ribasso;
– prigioniera della forma scolastica tradizionale basata su concezioni dello sviluppo e dell’intelligenza ristrette (nei tempi e negli spazi) e superate largamente dagli eventi.

A mio avviso, la battaglia per la democratizzazione degli studi deve allargare le sue prospettive. 
Una vera scuola moderna deve allargare la sua offerta di formazione a quelle attività che oggi sono dominate dal privato. Questo per condurre la lotta contro l’ineguaglianza delle opportunità e per fornire pari opportunità … 
I giovani hanno bisogno di contesti significativi, liberati dalle mani del mercato, di vedere re-inquadrate la moltitudine delle offerte formative che gravitano attorno a loro. Giovani combattuti tra desiderio e frustrazione, tra offerte ricreative, sportive, culturali, rinuncia e disponibilità finanziarie.

P.S.
Consideriamo poi che la futura politica della formazione (leggi Harmos) prevede degli standard educativi (beachmarks) e dei portfolio (certificativi degli apprendimenti).
Ebbene i portfolio pretendono di documentare – certificare pure i “processi di apprendimento informale”, vale a dire quegli apprendimenti che avvengono fuori dall’ambito scolastico! L’economia ben conferma l’importanza di tutto quanto avviene fuori scuola!

Questo articolo é stato pubblicato in Verifiche, periodico di cultura e politica dell’educazione, n° 5, novembre 2006, Mendrisio


Note

1) Lezioni private, in Scuola ticinese, periodico della divisione scuola, DeCS, anno XXXI, serie III, 2002, 253. torna al testo
2) Ma in uno studio del 1990 di Monica Lupi, Lo studio personale a domicilio, USR, Bellinzona, si indicava già un 7-8 % di allievi, dalla II alla IV Sme, che seguivano lezioni private; mentre nelle scuole medio superiori indicava un 10-11%. Concludeva poi la sua ricerca affermando che si può stimare a “circa un quarto gli studenti che, dalle prime scelte curriculari operate in III media alla maturità, debbono ricorrere alle lezioni private” (pag, 121). torna al testo
3) Inchiesta: Lezioni private di ricupero scolastico nel nostro istituto, novembre 2002, Scuola Media Losone. torna al testo
4) M. Mariotta, M. Nicoli, Il ricorso a lezioni private nella scuola media, USR, Bellinzona 2005.
La conclusione delle autrici dello studio afferma che il fenomeno del ricorso a un sostegno extra-scolastico “non è particolarmente preoccupante” perché si situa mediamente attorno al 12%. Ciò è sorprendente.
Non sarà preoccupante, ma è scandaloso, intanto perché principalmente i ceti medio alti se le possono permettere, e poi perché come loro stesse indicano le lezioni private servono a sostenere le ambizioni di riuscita scolastica e professionale. Ambizioni che sono forse, ma guarda un po’, inavvicinabili per gli altri?
Quando ci si dovrà preoccupare? torna al testo
5) Indagine sul reddito e il consumo 2003, comunicato stampa, Ufficio federale di statistica, Neuchâtel, 2005; per conoscere l’inchiesta cfr. Enquête sur les revenus el la consommation 2003, premier résultats, Ufficio federale di statistica, Neuchâtel, 2005, www.statistique.admin.ch 
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6) Enquête sur les revenus el la consommation (ERC), revenus et dépenses des ménages en 2000Résultats détaillés, Ufficio federale di statistica, Neuchâtel, 2003, www.statistique.admin.ch 
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7) F. Ducrey, R Lieberherr, P. Pasche-Provini, L’enfant et les activités extrascolaires institutionnelles à Genève, Service de la recherche en éducation, Genève, 2003 torna al testo