Mi appresto a scrivere queste note con un movimento altalenante. Penso: ma varrà la pena?
Certamente, il processo di consultazione del concordato Harmos é terminato. Parlarne ancora, seppur di tangente allora, forse, non vale la pena. Invece affrontarlo di petto … I processi di democratizzazione della formazione (e della scuola) lo richiedono.
E’ Harmos ad essere sull’agenda. Combattere la selezione é come affrontare le onde del mare. Vanno, vengono, si ritirano, ritornano … Le potature della scuola che abbiamo visto nei tempi recenti sono oggettivamente troppe per lasciar correre Harmos, senza allarmarsi e mobilitarsi.
Quindi parlare di Harmos é, ancora e sempre, parlare di selezione, classismo e democrazia scolastica.
Avvertenza: in questo movimento altalenante le note seguenti non sono tutte organicamente argomentate. Alcuni pensieri saranno solo annunciati. Ma sorvolando il presente si avverte il futuro.
1) I loro standard
Come ben si sa, il concordato Harmos ha una dimensione Svizzera. Esso prevede un ordinamento comune per tutti i cantoni. In verità i discorsi su standard, e così via, hanno tutti una dimensione europea (strategia di Lisbona) ed oltre-atlantica … Alle esigenze politiche di armonizzazione, si associano quelle economiche, che richiedono “in particolare mobilità e libera circolazione di professionisti su scala nazionale ed internazionale (cfr. concordato Harmos, pag. 27)
Se posso così riassumere due sono le questioni ad esso collegate. Le resistenze e le adesioni sono conosciute.
- In Ticino sembra esserci stata una larga adesione rispetto le modifiche “strutturali”. Tutti dai liberali, agli oregiat, socialisti, sindacati, comunisti, ecc … hanno manifestato il loro disaccordo sulle modiche concernenti la scolarizzazione alle scuole elementari (4 anni) sul prolungamento della scuola elementare, l’accorciamento delle medie, ecc … (chi volesse conoscere nel dettaglio il progetto di concordato non ha che da riferirsi al fascicolo edito dalla CDPE).
Il disaccordo per un modello che appare oltremodo regressivo per il Ticino sembra abbastanza generalizzato
Il Decs si appresta a chiedere delle deroghe che dovrebbero salvaguardare il modello ticinese.
Invece nel resto della Svizzera l’appoggio al concordato é abbastanza generalizzato, ravvisando in esso un miglioramento e un allargamento del diritto alla formazione. - Meno evidente é il discorso sulle modifiche “pedagogiche”, vale a dire sugli standard ed i Portfolio. La maggioranza borghese li vede di buon occhio. La sinistra?
Stupisce come la questione passi con brevi commenti, una quasi adesione silenziosa. Tranne alcuni casi, i commenti relativi agli standard e ai Portfolio sono liquidati con poche righe di buoni auspici.
La questione “pedagogica” é stata del tutto annebbiata dagli elementi strutturali?
Pare proprio di si.
Eppure la questione pedagogica non é una questione di dettaglio, un neo che si possa tralasciare o dimenticare. Anzi! In verità questa é la questione fondamentale.
1) perché si tratta di quale tipo di cultura e formazione vogliamo proporre ai nostri giovani. Se con la questione “strutturale” si definiscono i tempi e i luoghi della formazione pubblica, qui si definiscono i contenuti e le modalità del processo d’insegnamento:
A) contenuti che rischiano di venire banalizzati;
B) modalità che prevedono e incentivano forme di formazione privata accanto a quella pubblica!
2) perché – attenzione, la cosa può apparire complessa – i contenuti e le modalità a loro volta ritornano a definire modifiche “strutturali”. In poche parole standard e Portfolio non saranno unicamente strumenti atti ad insegnare e valutare gli allievi. Saranno pure strumenti di valutazione e confronto fra gli istituti. Principi di qualità (tipo PISA) che metteranno in competizione le scuole fra di loro, introducendo graduatorie, scuole e formazioni di serie A e serie B.
Quando si propongono dei cambiamenti ci sono degli intenti, degli obiettivi. Questo é lapalissiano. Ma quali sono gli obiettivi e i risultati di Harmos? Per questo sull’agenda politica e scolastica va posta con peso la questione della democrazia scolastica.
1.1) I contenuti e le modalità: prima
A) La questione degli standard sta sul piatto delle riforme scolastiche da un bel po’ di anni. La letteratura ad esso consacrata, (per lo più yankee) non é propriamente generosa.
Le critiche sono di diverso tipo.
- Innanzi tutto la definizione degli standard é un operazione complessa e ciclica. regolarmente si pone la necessità di modificarne i contenuti seguendo l’evoluzione delle conoscenze, della realtà socio-culturale, ecc (ve li vedete gli standard in biologia conseguenti alle teorie negazioniste anti darwiniste?) Come si dice dal certificare quanto si insegna a insegnare quanto si certifica il passo é breve.
- Se gli standard permettono di meglio definire gli scopi dell’apprendimento mancano di coerenza tra un livello scolastico e l’altro. Per cui i livelli superiori non si riferiscono agli standard inferiori. Questo scollamento ha però un fattore positivo, perché l’ulteriore allineamento comporta maggiore restrizione dei contenuti.
- L’impostazione degli standard é basata su una visione sequenziale degli apprendimenti. Una visione che dimentica i processi di costruzione dei significati cognitivi e dei modelli di cognizione. Visione decisamente superata dalle conoscenze e scoperte psicopedagogiche moderne.
Il rischio é di vedere tutto il lavoro scolastico orientato sui test. Quello che viene proposto nei test é un sapere decontestualizzato, un nozionismo frammentario, staccato dai vissuti, dalle esperienze e bisogni degli allievi. - Effetti negativi si hanno pure sul corpo docente che si vede assegnare vieppiù un ruolo amministrativo ed organizzatore di curriculi artefatti, depurato da tutta la sua professionalità e passione culturale.
B) La questione dei Portfolio invece é assolutamente chiara e semplice. Non vedo quale entrata in materia ci possa stare.
Molto brevemente: i “Portfolio” pretendono di documentare/certificare pure i “processi di apprendimento informale” (art 9, pag. 27 concordato).
Cosa significa certificare i “processi di apprendimento informale”? Significa certificare gli apprendimenti che avvengono fuori dall’ambito scolastico! Dunque nel privato (apprendimenti avvenuti tramite corsi di lingue, teatro, musica, cultura generale, sport e quant’altro.
Dunque ben si asserisce che i giovani scolari e studenti dovranno imparare molte cose fuori scuola. E si concede pure che questi apprendimenti sono proposte da gestire fuori dalle scuole pubbliche!
Senza andare lontano, si può immaginare quanto siano poco democratiche e molto selettive queste esperienze pensando ai costi dei libri, dei dischi, dei corsi privati di lingue, di sport, di teatro e chi più ne ha più mette.
Ma questo ci indica come questa pretesa di certificare l’informale – oltre che essere un riconoscimento fondamentale della necessità di quegli apprendimenti informali – sia un riconoscimento e una apertura verso il privato.
Tutto ciò alla faccia della selezione e del classismo scolastico! Tutto ciò alla faccia della restrizione e dell’appiattimento dei contenuti offerti dalla scuola pubblica, così come da Harmos. Da una parte si restringe e dall’altra si allarga?
1.2) I contenuti e le modalità: seconda, le competizioni PISA nella scuola
“Anche il monitoraggio nazionale della formazione si riferirà agli standard nazionali di formazione e l’efficacia del sistema educativo svizzero nell’ambito della scuola obbligatoria si misurerà in base al raggiungimento degli standard” (cfr. Harmos, pag. 26).
Lo scopo é quello di classificare i livelli delle scuole in un confronto intra e intercantonale oltre che fra istituti fra loro.
Quali gli effetti? Stabilire delle graduatorie di “merito”, scuole eccellenti e scuole scadenti. Quali le reazioni degli utenti? Allievi e Genitori? Scappare dalla scuola pessima, migrare verso gli istituti più gettonati. Vi lascio immaginare, quali migrazioni possano derivare.
Considerando poi che i Portfolio saranno certificativi dell’informale ci si chiede come, dove e quando ci saranno Standard dell’informale?
Infine: dove vanno a finire la scientificità e l’equità? Facendo astrazione di tutte le variabili socio-economiche, culturali e linguistiche degli allievi, confronteranno le classi fra loro solo sul piano della riuscita. Evviva. Si sa che i servizi di sostegno non sono generalizzati a tutta la Svizzera, nemmeno i corsi per gli alloglotti. In Ticino il numero di allievi alle scuole speciali supera di poco l’1 per cento a Basilea supera largamente il 10 per cento, alcuni quartieri sono molto più disagiati, ecc …
Nella sua risposta alla consultazione, il Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino alla Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE, organo referente per la consultazione Harmos) auspica che “gli standard saranno stabiliti in riferimento agli obiettivi minimi da raggiungere e che gli stessi riguarderanno alcune discipline o competenze, in particolare quelle che si prestano ad essere valutate con dei test”. Ancora scrive che “occorre essere consapevoli per evitare che la scuola si pieghi ad esercitare gli allievi al solo conseguimento degli standard”. Ciò nonostante si dichiara favorevole agli standard e al monitoraggio del sistema educativo. Quest’ultimi devono essere un mezzo e non il fine educativo”. Su Portfolio e affini non dice nulla.
L’esito degli standard e dei Portfolio possono essere diversi? E’, a quanto pare, immaginabile anche a partire dal documento del Consiglio di Stato, quando afferma che “gli strumenti di valutazione e l’esito dei risultati conseguiti sono alla base di un rinnovamento che può toccare la formazione dei docenti, i programmi e il materiale didattico, il funzionamento e l’organizzazione scolastica”.
In fondo basterebbe (si far per dire) capovolgerne le premesse:
ogni qual volta si constata che gli standard non sono raggiunti si aumentino le risorse a disposizione dell’istituto e degli utenti.
Ogni qual volta si certifica che un allievo di ceto sociale basso non riesce a certificare degli apprendimenti informali gli vengano pagati corsi privati di lingue o quant’altro.
Ogni qual volta una sezione o un istituto di un quartiere disagiato non raggiunge i criteri …
Se gli standard saranno il target (si dice così?) bisogna garantire l’accesso e il raggiungimento degli stessi per tutti. L’uguaglianza delle acquisizioni, appunto.
In verità in regime di restrizioni finanziarie e disinvestimento della formazione pubblica rimangono certi solo i valori selettivi accresciuti.
2) I nostri standard
In generale non si può nascondere il carattere selettivo degli standard e dei Portfolio. In verità con questi concetti si assiste alla realizzazione dei parametri quali l’ottimizzazione e la razionalizzazione nella scuola. Con gli standard, la produttività capitalista sviluppa la sua quintessenza nella scuola. L’ottimizzazione, la razionalizzazione ed ottimizzazione dei processi di insegnamento-apprendimento oltre che banalizzare ed omogeneizzare cultura ed insegnamento rinforzano i processi della selezione scolastica …
Si tratta di definire quali sono i “nostri standard”, gli standard che vogliamo noi, le condizioni minime che riteniamo vincolanti.
In maniera generale un’ottica classista e democratica vorrebbe:
– il passaggio dalla uguaglianza delle possibilità (égalité des chances) alla uguaglianza delle acquisizioni,
– un monitoraggio costante delle dinamiche selettive,
– una misurazione regolare dei costi sopportati in privato dalle famiglie per compensare le insufficienze nelle materie dei loro figli,
– una misura regolare delle strategie compensatorie pubbliche …
I particolare i “nostri standard”,
– vanno nel senso di richiedere una riuscita per tutti all’uscita della scolarità obbligatoria (altro che licenziare il 15 per cento di giovani con gravi difficoltà di lettura),
E poi:
– andrebbe richiesto un trasporto pubblico gratuito per tutti gli scolari e studenti,
– andrebbero richieste condizioni minime uguali per le attività del tempo libero (accesso a società sportive, di equitazione per dirne una, biblioteche, utilizzazione computer …
– in fondo lo stato dovrebbe fornire un computer ad ogni allievo, con corsi di utilizzazione, ricerca internet e quant’altro (altro che divisa scolastica, come succede a Basilea, per annullare le differenze di censo a scuola!),
– andrebbero richiesto lo studio assistito,
– degli “standard” in fatto di aiuto alle famiglie (partenariato),
– degli “standard” in materia di compiti a casa,
– degli “standard” in fatto di sostegno,
– degli “standard” per le misure e strumenti compensatori per i dislessici …
Andrebbero poi richiesti:
– degli spazi adeguati, sufficienti, aule capienti, ecc
– degli standard socio-economici, di accesso alle formazioni superiori, con quote d’accesso direttamente proporzionali alla popolazione (ci vogliono un po’ meno di tre allievi di classe sociale superiore alla scuola media per ottenerne uno all’università cinque anni dopo. Ne devono partire invece circa 8 di classe sociale media per averne uno all’università, mentre ce ne vogliono 17 (quasi una classe!) di origine sociale inferiore per ritrovarne uno all’università),
– degli standard per il numero degli allievi per classe,
– degli “standard” per gli alloglotti,
– l’abolizione del principio della bocciatura. La ricerca scientifica parla chiaro (non é più questione di ideologia): a pari livello un allievo debole promosso impara meglio e di più di un allievo debole bocciato,
– degli “standard” (si far dire) per l’accesso alle scuole speciali. In effetti le variazioni intercantonali sono del 10 per cento e oltre,
– degli “standard” per quanto riguarda l’applicazione delle pedagogie delle differenziazione. Il rischio di veder accentuarsi il divario fra allievi deboli e allievi migliori purtroppo é reale ed operante;
– degli standard comuni per tutte le scuole, di centro e periferia,
– e così via …
Il processo istituzionale di consultazione del concordato Harmos é terminato.
E’ troppo tardi sperare in una inversione di tendenza? E’ troppo sperare di vedere sindacati, genitori, docenti, partiti di sinistra, SISA, giovani, perseguire un’agenda che metta al centro il diritto alla formazione e il rilancio delle lotte per democratizzare le scuole?
Oppure dobbiamo considerare irreversibili i processi involutivi attuati con i risparmi sulla scuola, con le connivenze e ipocrisie politiche, con l’involuzione ed il riflusso pedagogico?
Un saluto ed un augurio natalizio, hasta la victoria.
Post Scriptum
Il Ticino con il suo riferimento preferenziale alle modifiche strutturali e relativa prudenza su quelle pedagogiche ha scelto l’isolamento politico.
Il presente articolo è stato pubblicato in Solidarietà, Anno 7, n° 22, dicembre 2006
riferimenti
Accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria, rapporto esplicativo, CDPE, Berna, 2006, www.cdpe.ch
Behrens M., Analyse de la litterature critique sur le développement, l’usage et l’implémentation de standards dans le système éducatif, IRDP, Neuchâtel, 2005
Consultazione Accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria, lettera alla CDPE, Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino, 28 novembre 2006