Classi omogenee e classi eterogenee. Dalla padella alla brace?

Parecchie persone, fra docenti, genitori, direttori sono convinti che la composizione delle classi venga a determinare la qualità pedagogica e il livello raggiunto dagli allievi e dalle classi.
Queste persone, da un lato considerano la composizione delle classi, esaminando il livello di preparazione raggiunto dagli alunni – bravi, meno bravi – dall’altra pensano alla numerosità degli allievi nelle classi. La domanda é: bisogna ridurre la composizione eterogenea delle classi? O si deve gestirla?
Mi chino oggi sulla prima variabile: la composizione delle classi.

Fra varie opinioni professate vi é quella della “penalizzazione degli allievi migliori, costretti a restare con i peggiori”. Insomma un desiderio, quello di creare nella scuola dell’obbligo delle filiali speciali solo per gli allievi migliori, che non é una novità. Un desiderio che é presente un po’ ovunque nel mondo occidentale (e non) assieme ai desideri di finanziamento pubblico delle scuole private. Un desiderio vecchio e mai assopito.

Insomma si attaccano i modelli scolastici integrativi (come viene considerato quello ticinese), considerandoli poco efficaci ed ingiusti. Modelli che mettono tutti assieme – allievi “bravi” ed allievi “meno bravi” – nella scuola dell’obbligo. Questo attacco dice pressappoco così: “il livello delle scuole si sta abbassando (vedi i risultati PISA). Le ragioni stanno nel fatto che tutti, migliori e peggiori, stanno assieme nelle medesime classi. Ciò abbassa il livello e il ritmo dei migliori”.
Insomma tutta la colpa sta nell’integrazione scolastica. La soluzione starebbe nella segregazione, creando classi separate per le élites.

A questo proposito cosa ci dice la ricerca in educazione?
Vogliamo quindi sapere quali sono gli effetti supposti e realmente benefici, neutri o malefici delle classi eterogenee e delle classi omogenee.

A) Per classi eterogenee si intendono le classi dove tutti gli allievi – bravi e meno bravi – stanno assieme.
Si parla di classi a livello, o di classi omogenee (opposte alle classi eterogenee) facendo riferimento ad una differenziazione curricolare che vede separati gli allievi tra una élite (i migliori) con classi separate e una massa (i peggiori) con un’altra classe.
A corretto parlare andrebbero chiamate scuole segregate.
Le scuole eterogenee sono quelle che vigono per esempio nel Cantone Ticino: una scuola obbligatoria per tutti, senza distinzioni (ancor che la nostra scuola media con i suoi livelli in 3a e 4a non propone integralmente classi omogenee).

B) Molto basso da noi (in Ticino) é il tasso d’iscrizioni alle scuole speciali (1-2%), contrariamente a Basilea, dove non vige un principio d’integrazione di tutti gli allievi. A Basilea gli allievi che frequentano le scuole speciali oltrepassano abbondantemente il 10% della popolazione scolastica. Là, a Basilea, la classe speciale é di fatto una classe a livello, una classe omogenea, ma a livello basso …

C) Due sono i tipi di ricerca sulle scuole segregate.
Le prime concernono le classi di livello senza tenere conto delle variabili strutturali, organizzative e pedagogiche. Si confrontano le classi senza controllarne le variazioni e le condizioni …
Le seconde cercano di costruire un quadro sperimentale o quasi sperimentale cercando di neutralizzare l’effetto di vari parametri, quali le opportunità offerte, i soldi investiti, la quantità e la qualità dell’insegnamento, le aspettative degli insegnanti, ecc … in questo caso si procede a dei confronti a contenuto d’insegnamento e qualità pedagogica equivalente.
I risultati delle ricerche parlano chiaro.

Per quanto concerne il primo tipo di ricerca, quelle che confrontano le classi senza controllarne le variabili, si osserva che la costituzione di classi omogenee comporta vari tipi di effetto (cfr. le meta analisi di Dupriez, Draelants che hanno fatto una recensione di questo primo tipo di ricerche).
Con le classi deboli:
– gli allievi subiscono degli effetti negativi sul piano socio-affettivo,
– i docenti impiegati adottano una tendenza fatalista,
– gli allievi ricevono un insegnamento di minore qualità,
– il numero di ore dedicate all’insegnamento diminuiscono, aumentando invece gli esercizi ripetitivi,
– infine gli allievi ricevono minori incoraggiamenti.
Il confronto fra “classi forti” e “classi deboli” permette di evidenziare come nelle prime gli allievi progrediscano in maniera importante rispetto le altre. Le classi deboli marciano piuttosto sul posto, quando addirittura non regrediscono. L’effetto del raggruppamento degli allievi, secondo le loro competenze, sarebbe dunque positivo per gli allievi delle classi forti.

Per quanto concerne il secondo tipo di ricerca, le meta analisi svolte negli USA da Slavin (1987) nelle scuole primarie hanno recensito 14 ricerche, mentre 15 sono quelle recensite per la scuole secondarie, (Slavin 1990). Ambedue portano alle conclusioni seguenti:
pari qualità pedagogica e pari contenuti d’apprendimento ed insegnamento i risultati fra classi “forti” e classi “deboli” non differiscono in maniera significativa. Ciò sia per quanto riguarda il settore primario e secondario. L’effetto della composizione delle classi é quindi nullo per quanto riguarda gli esiti degli alunni, inseriti in una classe piuttosto che un altra.

D) In particolare, in una ricerca effettuata a Ginevra (cfr. Rastoldo, Bain, Davaud, Favre, Hexel, Lurin, Soussi), si sa anche che la riuscita degli alunni é analoga nei vari sistemi di raggruppamento degli allievi (classi omogenee ed eterogenee). Vale a dire che gli allievi migliori delle classi eterogenee raggiungono i medesimi risultati degli allievi migliori raggruppati nelle “classi forti”. E gli allievi medi, raggiungono risultati analoghi nei due tipi di struttura …
Quindi: la costituzione di classi segregate ha un effetto nullo ad uguali condizioni. Insomma, il diverso grado di formazione d’uscita dalla scuola, il livello raggiunto dagli studenti alla fine del curricolo non dipendono dalla maniera di riunire gli allievi.

E) Purtroppo, c’è un divario fra le opinioni degli attori ed i fatti osservati. Per genitori, insegnanti e direzioni la classe eterogenea veicola l’idea di un abbassamento di livello (cfr. Rastoldo, Bain, Davaud, Favre, Hexel, Lurin, Soussi). I docenti poi esprimono costantemente una insoddisfazione a lavorare con le classi eterogenee e una preferenza per quelle omogenee.
Forse perché nelle classi eterogenee si osserva un clima più teso? Forse perché le difficoltà a gestire delle situazioni vieppiù complesse fanno sognare a delle oasi di pace?

F) Il contrasto tra i due tipi di ricerca é interessante e di per sè chiaro. Ed é anche un monito.

1) L’idea delle classi omogenee parte da una constatazione lapalissiana: i profili di uscita degli allievi, i ritmi di crescita, il potenziale di crescita, ecc … comportano variazioni individuali, che sono difficilmente riducibili a specifiche impostazioni pedagogiche didattiche.

I fautori delle classi omogenee dicono: “gli allievi sono eterogenei, i risultati differenti, creiamo classi omogenee per dare a tutti ciò che gli spetta di diritto”. Ma sono proprio le classi omogenee che creano strutture e curricoli ineguali, perpetuandone e accentuandone le differenze. 
Là, l’insegnamento qualitativamente e quantitativamente maggiore/minore vengono dispensati come l’effetto di una gerarchizzazione cognitiva, vale a dire la risultante di un processo selettivo e (teoricamente) meritocratico che dice “ai migliori daremo di più ai peggiori daremo di meno”. In verità, tale gerarchizzazione che organizza, teorizza e pratica la creazione di strutture a livello diventa una struttura che diffonde dispositivi scolastici inegualitari. La creazione di classi omogenee, non é un processo di democratizzazione, non è nemmeno un processo di creazione di giustizia e migliore ripartizione delle risorse.

2) La composizione delle classi diventa così una componente dell’ineguaglianza della scuola. Si può credere che, una volta accettato il principio di strutture a livello, la creazione di classi omogenee, serva piuttosto (volenti o nolenti) alla realizzazione di curricoli differenti, con investimenti personali e finanziari differenti. L’insegnamento così proposto diventerà allora preda del prestigio sociale accordato ad ogni livello.

3) La creazione di classi omogenee pone dei problemi complessi:
da quelli occupazionali a quelli salariali, da quelli formativi a quelli motivazionali. Fra molteplici domande, due: le condizioni salariali dei docenti saranno “forti”, come le classi? La formazione dei docenti sarà pure segregata, a sapere una formazione per docenti di classi deboli e una formazione per docenti di classi forti?
Dalle ricerche citate emerge che i docenti allocati alle strutture “inferiori” rischiano facilmente di cadere negli effetti Pigmalione e nelle dinamiche di marcage social. Ciò significa che i docenti delle classi deboli rischiano di cadere in una dinamica fatalista e d’ investimento ribassato, che, oltre a riversarsi sugli allievi va ad investire tutti i campi dell’aggiornamento e della formazione. Come mantenere alto il livello di motivazione dei docenti e degli allievi, esclusi entrambi dai canali della promozione sociale?

4) Da ultimo, ma non in ordine d’importanza, bisogna ancora rilevare:
– come porre la soglia d’accesso alle scuole di livello superiore. Trattasi di un numero chiuso (per un numero X dei soli migliori allievi in assoluto) o di un accesso ad esame (tutti coloro che superano la soglia d’entrata possono iscriversi alla scuola di livello superiore)?
– come evitare allora che la formazione non venga appiattita sul superamento degli esami d’entrata alle classi forti?
– come considerare la creazione di classi a livello nella scuola dell’obbligo? Tale traguardo non appare a tutti gli effetti come uno svilimento dell’obbligo, che spostando e diminuendo gli obiettivi comuni per tutti, maschera a tutti gli effetti un accorciamento dell’obbligo?

Germi

A) Una osservazione attenta della scuola e dei suoi attori – docenti, allievi, genitori – mette in luce molte insoddisfazioni.
Alcuni genitori sono insoddisfatti o impauriti per la presenza di casi difficili (bullismo o vandalismo).
Altri genitori sono preoccupati per il destino scolastico dei loro figli, a loro modo di veder troppo poco seguiti.
Alcuni docenti sono frustrati per la crescente difficoltà a gestire la grande eterogeneità degli allievi (alloglotti, sostegno pedagogico, ecc …).
Alcuni operatori del servizio di sostegno pedagogico lamentano il crescente carico di lavoro.
Eccetera …
Consideriamo ogni insoddisfazione con una sua peculiare specifica ragione. Una risposta generica é quella della creazione di classi differenziate. Una risposta comune a molte differenti domande. Una indifferenza alle differenze. Una risposta generica che (magari) darà soddisfazione ad alcuni: le classi d’élite.
La realtà della segregazione sarà allora palese perché ad essere esclusa sarebbe la maggioranza degli allievi.
B) Invece di basarsi su inconfessati o inconfessabili desideri elitari le persone che propugnano una scuola a livelli dovrebbero chiarire meglio come rispondere alle domande eseguenti.
Desiderano dare meno opportunità agli allievi in difficoltà?
Desiderano offrire una formazione ridotta e a buon mercato per gli allievi meno bravi, e magari pure di ceto basso?
Desiderano assicurare una mano d’opera a buon mercato?
Desiderano offrire legioni di giovani al precariato e al lavoro a chiamata?
Desiderano una ottimizzata e precoce selezione sociale nella scuola dell’obbligo?
Infine desiderano due, tre o più livelli? Nel Cantone Ticino con le scuole speciali e le medie a livello ne abbiamo già tre. Senza tener conto del corso pratico … ma allora ne abbiamo già quattro. E se poi teniamo conto delle recenti classi per allievi difficili , arriviamo a cinque. Facciamo poi pure un livello particolare per i dislessici? Ma allora ne avremmo sei …
Oppure teniamo solo un livello per l’élite e mettiamo tutti gli altri in un solo calderone?

Il presente articolo è stato pubblicato in Verifiche, periodico di cultura e politica dell’educazione; n°3, giugno 2007

Bibliografia

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Duru-Bellat M., Mingat A., La constitution de classes de niveau par les collèges et ses incidences sur les progressions et les carrières des élèves, Cahiers de l’IREDU, 1997, 59

Rastoldo F., Bain D., Davaud C., Favre B., Hexel D., Lurin J., Soussi A., Classes hétérogènes et classes à sections au 7e degré: carrières d’élèves et discours d’acteurs, 1 Synthèse des résultatset résumés des six volets de recherche, SRED, Genève, 2000

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