Protezione dell’infanzia

anno V numero 5, 15 febbraio 2002, Giovanni Galli

Pedagogie di classe dunque. Quali i luoghi deputati all’educazione allora? La pubblicità ad esempio. Le recenti festività natalizie mi danno uno spunto per scriverne male.
Ci si chiede sempre come aiutare, come educare i propri figli. Ci si lamenta, ci si chiede sempre come fare di fronte ai conflitti, alle incomprensioni e alle difficoltà nel tirare grandi i propri figli. La pubblicità aiuta. Ebbene con nostro figlio proviamo a fare così: portiamolo regolarmente a mangiare alla McDonald, compriamogli merendine edulcorate EE, nutriamolo transgenicamente, lasciamolo inchiodato come minimo 1 ora davanti al televisore (ma meglio 3 ore), sottoponiamolo a qualche video fumettistico ben armato degli ultimi ritrovati bellicocibernetici, sostituiamo il gioco collettivo con qualche giochino video, sostituiamo la relazione (la parola) con i genitori e i compagni con qualche ritrovato video televisivo, passeggiamo regolarmente nei grandi magazzini ricolmi di merci, subissiamolo di discorsi aggressivi e guerrafondai, ma principalmente e soprattutto permettiamogli di vedere e leggere quante più pubblicità alimentari, ludiche e di vestiti griffati che si possa e ciò possibilmente senza sosta.
Chi non rimane preso nella rete della pubblicità, pur magari facendone resistenza? Chi nonsi scopre sorpreso confrontandosi con il modello che gli viene condizionato? In verità é così invasiva, così tanto presente negli spazi pubblici e privati che troppo sovente occupa le nostre menti e per ciò non può essere considerata unicamente come un fatto neutro e meramente economico.
Ora noi vediamo bene qual é lo stupore pubblicitario, l’innocenza del consumatore di fronte al cartellone che lo cattura invitandolo o a essere, o consumare secondo uno stile proprio al cittadino arrivato: ecco ciò che tu devi essere, ecco ciò che tu sei. E si, perché la pubblicità ti educa, ti invita, ti conduce alla conformità da essa decisa. Proprio come uno specchio, uno specchio identitario, ti dice ogni volta come devi essere, o come puoi essere, o come puoi essere migliore di quanto sei adesso. Ti interroga, e giocando sull’avere ti fa sentire! «I nostri nonni portavano sovente delle insegne religiose, noi portiamo piuttosto delle insegne politiche, i nostri figli portano delle marche: abbiamo dei figli Nike, dei figli Benetton, dei figli McDonald o Coca Cola!» Vedi François Brune in «Casseur de pub» http://www.antipub.net/
La misura dell’educazione moderna si fa in minuti e in metri cubici. Minuti di pubblicità radio televisive, metri cubici di merci esposte negli scaffali dei grandi magazzini, metri cubici di pubblicità stradali (cubici perché lo spazio pubblicitario é quello percettivo – la distanza dunque tra il cartellone e il soggetto che lo guarda). I legislatori, invece che permettere di ricoprire i muri, i marciapiedi e le piazze di cartelloni pubblicitari, nelle scuole, nelle strade delle città, nei luoghi pubblici, meglio, molto meglio, farebbero a creare delle zone franche, delle bandite dove nessuna pubblicità commerciale possa essere posta a memoria delle future manipolazioni dell’infanzia.