ottobre 2010, Giovanni Galli

Il “new public management” si presenta nelle finanze, nella salute, nell’educazione, in ogni settore della pubblica amministrazione.
Uno dei segni della penetrazione del pensiero aziendale ed economico (neo-liberista) nella scuola è l’esercizio della valutazione.
La pratica della valutazione deriva dall’interesse per la produzione ed il suo controllo. Le competizioni PISA non sono che un esempio, fra i maggiori, se non il maggiore, del confronto e della competizione (silenziosa, tacita) fra sistemi educativi.
Così si apre la via a sempre maggiori confronti e classifiche. I risultati degli allievi sono via via trasformati in media per nazione, per cantone, per circondario, per istituto, per classe.
Il docente ha sempre dato delle note. Perché sostituire il suo tradizionale, pragmatico, sistema di valutazione con un sistema di valutazione parallelo, codificato, omologato, sistematicamente proposto? Oltre che squalificare la propria professionalità, i docenti sentono profondamente il peso di questi confronti.
La valutazione così predisposta non é al servizio di un eventuale mirato progetto formativo per l’allievo. E’ mirata al controllo dei livelli e quindi della “produttività” (e magari tutto ciò ci può già annunciare i futuri salari al merito).
Poco nascosta è l’idea del confronto fra pubblico e privato. Idea che fa della valutazione lo strumento di misura dell’efficacia e del “merito”.

“Nella pozzanghera della neolingua amministrativa derivata dalla “riforma dello Stato”, la valutazione costeggia la “regolazione” della quale non ne é che è un sostituto, e l’insieme degli strumenti della nuova burocrazia, dove reciprocamente si rafforzano deregolamentazione e crescita del controllo. La sua onnipresenza va di paro passo con la penetrazione del principio di concorrenza e con l’ibridazione delle argomentazioni scientifiche, economiche e giuridiche, facenti ufficio del vero parlare. (…) Anche se venuto “da altrove”, dal modello anglo-sassone così spesso diffamato, la regola così brandita soddisfa forse il gusto per la gerarchia, e il suo culto di “recupero” degli investimenti del contribuente” (I. Barbéris, Présentation. Le cauchemar de Paul Otlet, Cités 1/2009 (n° 37), L’idéologie de l’évaluation. La grande imposture, p. 9-11, UR )