Martedì 3 febbraio 2009, Eric Bruggmann

Avere spirito critico, per il senso comune, significa: non lasciarsi guidare dal branco, sviluppare un pensiero personale, resistere alle formattazioni (sociali e ideologiche).

Notiamo che la valorizzazione dello spirito critico fa parte di quegli incantesimi salmodiati all’interno della scuola da molti lustri. Tuttavia, se il pensiero critico è ben una funzione essenziale che permette al soggetto di essere un attore per il cambiamento, gioco forza è di constatare che l’andamento degli accordi, fra dispositivi societari ed individui che vi sono inseriti, sono più dell’ordine della riproduzione che non della loro rimessa in causa, corredata da eventuali modifiche.

Pertanto, è ragionevole chiedersi: lo spirito critico finalmente non è niente più che un mantra pedagogico? ripetuto da coloro che, più o meno, continuano a credere nella sua necessità?

In verità, il pensiero critico è uno strumento per il cambiamento, vedi una capacità o un’abilità che può e deve svolgersi e svilupparsi a scuola. Tuttavia, la sua effettiva conquista, per i più, e la sua portata sociale, implicano che siano messe in atto determinate condizioni che non sono soddisfatte dal nostro sistema scolastico attuale.

Fra le molte piste che possono avere un impatto su tali condizioni, ne riportiamo qui solo una: quella che, nel secondario, richiede di finirla con il precoce orientamento verso strade separate.

Questa pista ha come corollario l’inizio di un vero tronco comune che possa continuare fino all’età dei 16 anni. All’interno di questo nucleo, accanto alle conoscenze procedurali (abilità), bisognerebbe sviluppare e intensificare la cultura generale, per tutti.

Come si giustifica questo approccio?
In breve, diciamo che la ragione principale è che, con le conoscenze generali, e tramite queste conoscenze, i giovani imparano a costruire il significato delle cose, ed è quindi con queste conoscenze che si acquisisce lo spirito critico.
Di conseguenza, piuttosto che orientare massicciamente i giovani dai 12 ai 14 anni verso opzioni specializzate, andrebbe garantita una formazione generale più ampia.
Questa formazione generale più ampia comporterebbe un doppio vantaggio:
1) Preparare meglio gli studenti per l’accesso successivo alle opzioni specialistiche in termini di scelte ponderate.
2) Quello di formare tutti i giovani allo spirito critico, e pertanto meglio formarli all’esercizio della cittadinanza.

In questa prospettiva, la formazione generale non è un sapere “distinto” (che consente ai figli della borghesia di “smarcarsi” dai ceti popolari), ma tende a diventare un processo portatore di senso per tutti.

(nota del traduttore: l’articolo si riferisce principalmente all’organizzazione scolastica in Belgio, ciò non di meno le sue note sono interessanti per la prospettiva e i problemi concreti che pone)