febbario 2010, Giovanni Galli
Il linguaggio è la coscienza reale, pratica
-Marx, L’ideologia tedesca, pagina 29)
1) Il legame tra classe egemone, cultura egemonica e il linguaggio che l’esprime è stato già enunciato da Antonio Gramsci. A questo proposito oggi possiamo purtroppo constatare l’utilizzazione di termini “tecnici”, spogliati dalle determinazioni umane, concrete, personali e quotidiane. Così ad esempio abbiamo numerose sostituzioni, ad esempio:
• libero mercato = furto legalizzato
• libero scambio = libero disordine
• ottimizzazione delle risorse = licenziamenti
• competizione = sfruttamento
• razionalizzazione = centralizzazione, abbandono delle zone periferiche
• libera impresa = sfruttamento obbligatorio
• datore di lavoro = padrone
• mondializzazione = imperialismo
• libera circolazione delle genti = circolazione della mano d’opera secondo i bisogni del mercato (emigrazione)
• liberalizzazione = abolizione delle protezioni sociali
• flessibilità = lavoro serale, notturno e festivo, lavoro precario e lavoro instabile
• privatizzazione = disservizio, diminuzione del servizio
• deregolamentazione = abolizione degli obblighi contrattuali
• globalizzazione = “ancora di più …”
La lingua è un fattore che unisce e fornisce un gruppo coeso. Per Gramsci un gruppo politico, una avanguardia, deve porre il problema lingua nella sua agenda, al fine di formare i futuri dirigenti. In verità le classi dette dominanti lo fanno da sempre e mai smettono di pensarci. La scuola serve anche per questo.
Il linguaggio si fatto è un abuso, mirato alla conservazione del dominio politico, oltre che culturale e ideologico, oltre che quello economico. Il linguaggio si fatto non è altro che il riflesso della attuale formazione socio economica dominante.
2) Se la lingua è la concretizzazione della coscienza, appare in tutta la sua importanza la questione dell’insegnamento linguistico e della padronanza della lingua, sotto tutti i suoi aspetti.
Esistono studi che mostrano inequivocabilmente come la lingua é in stretta correlazione con la riuscita scolastica; quando in verità le classi dette popolari non sentivano il bisogno di questi studi per sapere che il loro figli venivano bocciati.
L’insegnamento della lingua, invero a scuola corrisponde molto all’insegnamento della lettura e della scrittura. Se consideriamo il tasso di analfabeti di ritorno nel mondo occidentale c’è poco da star allegri. Se poi consideriamo che il 15% dei giovani quindicenni escono dall’obbligo con gravi ritardi nella lettura e nella scrittura c’è poco da stare freschi …
Vediamo qui delle “padronanze” linguistiche ben misere.
Certamente un obiettivo pedagogico e politico è quello di investire maggiormente nell’insegnamento della lingua uno. Le capacità di ragionamento, di analisi e di sintesi, come quelle d’argomentazione e pure le conoscenze generali non devono essere privilegio di pochi.
La coscienza viene definita come la riflessione di un soggetto reale, concreto e quindi storico. Ciò significa la conoscenza dei propri bisogni concreti e quotidiani.
La padronanza linguistica é uno strumento della conoscenza e dell’espressione dei propri bisogni e del modo di onorarli.