Lunedì, 26 gennaio 2010, Eric Bruggeman

L’orientamento scolastico è un processo complesso che coinvolge una molteplicità di soggetti (insegnanti, genitori, associazioni centrate sull’informazione e l’orientamento, CPMS, e naturalmente i giovani stessi). L’orientamento scolastico non è un monopolio, prerogativa di pochi “esperti” in psicologia che ne sostengono l’esclusività. (…)

Al di là dei ristretti interessi dei singoli beneficiari, l’orientamento dei giovani è una grande sfida collettiva, in quanto l’obiettivo della formazione dovrebbe consistere più a formare dei cittadini in grado di comprendere il mondo nella sua complessità e partecipare alla sua trasformazione, che non ad insegnare ai giovani ad essere “impiegabili”.

L’orientamento non è certo riducibile all’informazione. Ma l’informazione è la base su cui sorge l’orientamento. A questo proposito, è necessario fare due osservazioni. Una prima osservazione si riferisce direttamente alla scuola nella sua relazione all’orientamento. La seconda è, a sua volta, rivolta alle associazioni impegnate in questo processo.

1) Il decreto « Décret Missions » fa del consiglio di classe il garante dell’orientamento all’interno della scuola (vedi S.22 del decreto). Il consiglio di classe ha, come uno dei principali compiti, quello di prendere delle decisioni nel corso delle deliberazioni alla fine dell’anno scolastico. In tal modo, il consiglio di classe procede ad una valutazione certificativa dello studente, in cui (in breve) lo studente si vede attribuire:
– sia una decisione di successo con il passaggio di diritto al prossimo anno (certificato di orientamento A), 
– sia il passaggio per l’anno successivo con delle restrizioni su determinati settori e / o alcune opzioni (certificato di orientamento B), 
– sia la bocciatura (attestato di guida C).
Le associazioni di base, su questo punto, confermano le conclusioni tratte in questi ultimi anni da parte del Consiglio superiore per l’orientamento della Comunità francese, vale a dire: alla fine del 1° livello di istruzione secondaria (quando la scelta di percorsi a livello e ad opzioni diventa operativa), la maggioranza degli studenti (circa 2 / 3) che in seguito s’orienta verso l’istruzione tecnica e professionale non si basa su una scelta positiva, ma sul vincolo di base del certificato di orientamento B, per lo più senza che alcun aiuto concreto sia stato concesso loro per un corretto orientamento. Bisogna quindi piuttosto parlare di orientamento per difetto, che rafforza, ancora di più nel corso degli anni, questi canali quali canali di retrocessione.

Questa riduzione dell’orientamento sulla valutazione certificativa finale è gravida di conseguenze. Tutte le associazioni specializzate nell’informazione sottolineano una mancanza di visione generale da parte delle scuole, delle strutture, dei percorsi e delle opzioni per l’insegnamento nella Comunità francese: la maggior parte delle scuole conosce bene, ovviamente, ciò che la propria istituzione offre come “formazione professionale”, ma conosce in numero limitato (o, a volte ignora totalmente) tutte le altre possibilità che esistono.

2) (…) Come osservato in precedenza, l’orientamento ha una dimensione individuale ma anche una dimensione collettiva. Intervenire sulla dimensione collettiva è possibile se e solo se, le associazioni esercitano la loro funzione critica verso la società politica e civile, sulla base di un’indagine ancorata nel lavoro sul campo quotidiano, con i giovani e le loro famiglie (in particolare per ciò che qui ci interessa, in caso di problemi incontrati in materia di istruzione).

Questo approccio, che non è altro che quello del lavoro sociale, lavoro per cui queste associazioni sono riconosciute, conosce però una deriva, come evidenziato da alcune pratiche (la cui percentuale rimane tuttavia marginale). Infatti, alcune associazioni non esitano a sostituire la propaganda pubblicitaria, al compito d’informazione dei giovani (che è il lavoro di informazione per i quali sono tuttavia completamente sovvenzionate dalla comunità). Navigando allora sull’onda consumistica, diventano compiacenti relais del marketing scolastico, trovandosi a pubblicizzare specifici stabilimenti scolastici e promuovere il loro prodotto. In tal modo, essi contribuiscono, consapevoli o meno, a lavorare a beneficio di una scuola selettiva, vale a dire una scuola profondamente disuguale.

Tuttavia, la missione del volontariato è quello di lottare per un mondo più egualitario, e di non aggravare il divario.

Questa è la vera sfida è, e deve rimanere al centro delle sue pratiche.

(nota del traduttore: l’articolo si riferisce principalmente all’organizzazione scolastica in Belgio, ciò non di meno le sue note sono interessanti per la prospettiva e i problemi concreti che pone)