Libertà di scelta.

Giovanni Galli, 1 settembre, 2013

Già nel lontano 1882, Paul Lafargue scriveva:
“Ci sono altrettante autonomie quante frittate e morali: frittata alla confettura, morale religiosa; frittata alle erbette, morale aristocratica; frittata al lardo, morale commerciale; frittata soffiata, morale radicale o indipendente, eccetera … L’Autonomia, come la Libertà, come la Giustizia, non è un principio eterno, sempre identico a sé medesimo; ma un fenomeno storico variabile, secondo gli ambienti dove si manifesta” (L’autonomie, in L’Egalité, organe du Parti Ouvrier Français, 25 décembre 1881 – 15 janvier 1882, traduzione del sottoscritto).

Veniamo ora alla politica scolastica e alla utilizzazione odierna del concetto di autonomia.

1) Il neo liberismo ha un concetto del tutto economico della conoscenza e dell’autonomia.
Conoscenza quale “capitale umano”, risorsa da investire.
Autonomia quale competizione.
L’economia neo liberista della conoscenza pratica il concetto di autonomia fra gli istituti, come strumento di competizione e di produttività.
Uno dei grimaldelli di questa economia è il confronto fra istituti; basti ricordare le annuali competizioni PISA, o in Svizzera al concordato Harmos, che introduce chiaramente un confronto fra modelli ed istituti quale strumento di misura della qualità dell’insegnamento.
Non per niente, il corollario di questa competizione è la rivendicazione della libera scelta dell’istituto. La libera scelta permette così il genitore di scegliere quello che secondo lui è il migliore istituto. Un po’ come andare al mercato, in un negozio piuttosto che l’altro, annusi un pomodoro, lo scarti, provi i pantaloni, preferisci quelli di marca, e così via. Illudendoci che ciò stimoli la qualità. Nei paesi che l’hanno sperimentata, molto rapidamente si sono create scuole di serie A.

E poi non illudiamoci. Il modello del mercato è sotto gli occhi di tutti: vediamo bene come alcuni cittadini possono permetetrsi la spesa bio, altri devono rincorrere tutti gli sconti, senza preoccuparsi della qualità del prodotto. Alcuni hanno il borsellino ben gonfio, altri hanno gli spiccioli contati e faticano a raggiungere la fine del mese.

Non è un mistero che l’Autonomia (degli istituti) sia uno dei principali vettori di deregolamentazione e delocalizzazione delle scuole, un concetto ancorato fortemente nella politica scolastica e quindi nella gestione della vita quotidiana degli istituti scolastici.
Degli esempi? Ne faccio tre:
– la presenza/assenza delle mense in sede,
– l’organizzazione o meno di corsi dopo scuola, serali ed estivi,
– la presenza/assenza di aule informatizzate e di responsabili di tali aule.
E’ notorio che a seconda del comune notiamo una presenza molto differenziata di questi servizi.

2) In verità il concetto di autonomia equivale unitamente alla costruzione di un dispositivo scolastico mercantile, in clima di:

  • riduzione delle risorse pubbliche (basti ricordare la quantità e la qualità dei tagli subiti dalla scuola pubblica negli ultimi vent’anni).
  • rinuncia a perseguire le pari opportunità,
  • de-voluzione (de-localizzazione), vedi l’importanza sempre maggiore che si dà agli apprendimenti informali,
  • competizione fra istituti, come abbiamo visto nel primo paragrafo fra confronti PISA, HarmoS, e libera scelta,
  • restaurazione della scuola classista e spinte alla privatizzazione.

P.S. La recente proposta di abolire il 4° anno di Liceo è una conseguenza assolutamente logica della nostra organizzazione statale mercantile e competitiva. Una fetta del salame: riduce le risorse, rinuncia a perseguire le pari opportunità, dà maggiore importanza agli apprendimenti extra-scuola, si mette in competizione con altre realtà (facciamo tutto in tre anni), spinge alla privatizzazione.

il seguente articolo è stato pubblicato in Sinistra.ch