Campagne elettorali

anno VII numero 4 – 23 gennaio 2004, Giovanni Galli

1) Scrivo questo pezzo pensando alle prossime elezioni comunali. Lo scrivo anche pensando ai giovani. Si sa che la partecipazione al voto è proporzionale all’età. Più si è vecchi e maggiore è il percento dei votanti e più si è giovani minore è il percento.
Dunque i giovani votano (troppo) poco.
2) Si dice: i giovani non partecipano alla vita politica. È parzialmente vero. Però quando manifestano partecipano, eccome. Ma ciò non piace. Anche quelli del Molino partecipano. Eccome! Forse non con le regole della democrazia formale, volute dai giudici di turno.
Ma capovolgiamo una volta la moralistica, ben pensante domanda. Diciamo una volta le cose come devono stare! E perché i giovani dovrebbero partecipare alla vita politica?
A) I comuni si astengono regolarmente e assiduamente dal risolvere i problemi dei giovani. A parte l’allarmante cicaleccio per le collutazioni che ottengono puntualmente gli interventi polizieschi vediamo: la trentennale assenza dei centri autonomi, le riduzioni dei budget per la formazione, l’aumento dei costi dei trasporti, le mancanza regionali per parchi per il tempo libero (pista skate, pista pattinaggio, ciclopiste, ecc…)
B) Sulle liste elettorali si sa che la sinistra ha poco da offrire.
Contrariamente alla destra che vede avviare così promettenti carriere politico-professionali (nelle avvocature, negli studi medici, ecc… per i ceti medio alti, alti; negli uffici tecnici, nelle squadre di operi comunali, o imprese di costruzion … per i ceti bassi).
C) La sinistra ha una forza minoritaria (una bella forza, ma pur sempre minoritaria) che sovente passa inosservata perché non riesce a far passare le sue proposte. La sinistra così fa la figura (come se dipendesse sola da lei) di non riuscire a risolvere i problemi. Da qui la frase tante volte sentita: «tanto non cambia nulla».
3) Allora questo il senso della politica.
Primo: i giovani non hanno motivo di interessarsi alle elezioni?
«Tanto meglio» direbbero alcuni. «Sicuramente è meglio che stiano alla larga, anzi bisogna dare motivo ai giovani di astenersi. Ma non tutti. Che partecipino coloro che hanno modo di allinearsi alle politiche di maggioranza …».
Quanto agli altri diranno che «non sono maturi (quelli che manifestano, quelli incazzati perché la vita costa cara anche per i loro padri e le loro madri…) perché non stanno alle regole del gioco democratico».
La realtà dei fatti insegna questo – non importa se qualcuno lo vuole: l’assenteismo s’impara.
Secondo: la campagna elettorale deve darsi nuove vesti. Alle parole e ai buoni intendimenti vengano ad aggiungersi anche dei fatti.
Che si cominci a organizzare, sostenere e favorire l’occupazione di spazi pubblici per i centri sociali, a scioperare per condizioni di lavoro migliori, a boicottare l’aumento dei costi delle casse malati…