Giovanni Galli, gennaio 2014
Leggiamo nelle cronache politiche di questi giorni che la maggioranza della Commissione scolastica del Gran Consiglio propone l’abolizione del numero chiuso presso il DFA (dipartimento formazione ed apprendimento). Oggi, l’iscrizione al DFA è aperta solo ai migliori aspiranti insegnanti, quelli che in base alle loro capacità riescono a superare lo scoglio del numero chiuso.
In verità servono sempre più docenti e considerata l’anzianità media del corpo docente, il fabbisogno, oltretutto, andrà crescendo nei prossimi anni.
I vertici della SUPSI e del DFA invece si oppongono. Per loro si tratta di puntare sulla qualità (ci mancherebbe che si punti sulla S-qualità).
Il problema in verità è doppio.
Da un lato ci sono problemi logistici ed organizzativi: mancano sufficienti posti per la formazione e docenti di formazione. Il problema è sapere chi paga … (vedi nota in fondo).
Dall’altro lato la questione è ideologica. Vale a dire: mantenere e vedere nella politica competitiva il solo strumento per la costruzione di una scuola di qualità. Cioè la competizione fra sistemi scolastici, fra scuole, fra atenei, fra docenti … sarebbe alla base della qualità.
Stiamo freschi. E’ il solito principio neo-liberista che regge le politiche scolastiche dal protocollo di Bologna in poi.
Ora il mio pensiero è questo.
1) Se non ci sono abbastanza docenti,
2) se si formano docenti (di qualità) in maniera insufficiente,
3) avremo una carenza di docenti qualificati.
QUINDI:
1) Dove andranno a lavorare i docenti qualificati?
2) Dove andranno a lavorare i docenti non sufficientemente qualificati?
3) A chi serve avere una scuola a doppio binario?
4) A cosa serve avere una scuola a doppio binario?
Questa è una sola delle conseguenze della cultura scolastica ridotta e vilipesa per far quadrare i conti dello Stato.
Insomma è ora di dire basta alle politiche neoliberiste, risparmiste, scriteriate e irresponsabili, che vengano pattumate e buttate nelle discariche.
Qui si beffa sulla formazione dei nostri figli.
E’ uno schifo. Altro che balle.
Il presente articolo è stato pubblicato in Sinistra.ch
Nota: “La SUPSI è un ente autonomo di diritto pubblico istituito dal Cantone Ticino, comprendente dipartimenti propri e scuole associate: queste ultime rette da istituzioni private, ma integrate nella struttura e cultura della SUPSI, fatta salva l’autonomia amministrativa e finanziaria.
I rapporti con il Cantone Ticino sono retti da un contratto di prestazione, che definisce i contributi cantonali sulla base del numero di studenti e del volume di progetti acquisiti. Al finanziamento contribuisce pure la Confederazione svizzera. La SUPSI si amministra per il resto e si organizza in modo autonomo e persegue obiettivi propri di crescita e di autofinanziamento” ( cit. supsi.ch )